Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
E' abbastanza semplice, ma è assolutamente consigliato avere tutti gli strumenti giusti, strumenti che potete avere inclusi nel bundle di sostituzione batteria acquistabile sulla baia a modica cifra, cioè una quindicina di Euro.
Nonostante si continui a dire che bisogna fare qualcosa per combattere il fenomeno della donna-oggetto nelle pubblicità televisive, sulla carta patinata, nello sport e non solo, le case di moda proseguono dritte per la loro strada, senza preoccuparsi assolutamente dei risvolti sociali e quelli psicologici di ragazzine ed adolescenti.
Guardate un po' cosa salta fuori dalle immagini del catalogo Denny Rose della scorsa primavera. A parte i tacchi da 12-13-14-15 cm, con tutte le difficoltà di portarli. Per carità: l'appariscenza di un tacco del genere è indiscussa, fa girare qualsiasi uomo.
Nelle immagini di cui sopra, si è lavorato sapientemente di Photoshop per distorcere enormemente i rapporti anatomici del corpo umano. La proporzione della gamba (tibia e perone) rispetto all'intera altezza raggiunge rapporti impensabili nel corpo umano, cioè nelle foto va da 36 e 38%.
I rapporti anatomici medi indicano che il femore è il 29% dell'altezza totale, mentre tibia e perone sono l'80% del femore, cioè il 23%. Aggiungiamoci tutto il tacco che vogliamo, anche 18 cm, ma siamo ancora al di sotto delle percentuali indicate sopra (33%). Ben 4-5 punti percentuali sono stati ottenuti semplicemente di stiramento.
Hanno insomma giocato con lo strumento principe del fotoritocco, trattando opportunamente il pattern dello sfondo in alcune foto usando bande verticali per ridurre il fenomeno e nascondere così la forte distorsione.
Chiaro che le ballerine non piacciono a nessuno, o meglio, dipende sempre da chi le porta, ma, donne, dite la vostra!
Dopo quattro anni consecutivi di partecipazione alla Granfondo Tre Valli, organizzata ottimamente dal Bibike Team, quest'anno non prenderò parte alla competizione, ma non per questo dimentico questa bella gara: spero anzi di essere presente sabato pomeriggio per vedere gli Elite del cross country in azione.
Questa gara presenta da sempre un percorso molto piacevole e dotato di una giusta dose di pezzi scorrevoli e discese divertenti, senza diventare mai proibitiva per la stragrande maggioranza dei biker che corrono anche saltuariamente.
Anche le condizioni del meteo, quand'anche siano difficili e drammatiche, com'è successo nell'edizione 2013 - edizione in cui mi sono divertito come un bambino, avete presente Peppa Pig? - non mettono mai KO la tenuta del fondo, a differenza del fondo valle delle vicine Valtramigna e Valdalpone, dove invece il fango la fa da padrone, mettendo in crisi tante coperture e tutte le trasmissioni meccaniche.
Dal punto di vista aerobico si può dividere la gara in cinque parti ben distinte, che non sono altro che le salite da scalare: le pendenze non sono mai impossibili, ma al contrario su alcune si può davvero fare velocità. Chi ha gas, potrà scatenarsi e scaricarlo tutto a terra sin dalla prima salita, che porta alla Croce del Vento, ma soprattutto sulla lunga salita dei Cancelli, l'ultima prima di fiondarsi all'arrivo a Tregnago.
In realtà il ciclista e soprattutto il biker trae il massimo del godimento, quando è ora di intraprendere la discesa. Pensare che un biker tragga soddisfazione solo dal far forte le salite è istigazione al masochismo.
Stasera ne ho avuto la prova nell'uscita di un'ora e mezza assieme a Suor Germana e a Francesco Gugole. Quando torni a far filare la mountain bike in mezzo ai sassi smossi che delimitano un single track o quando, sia con abili che con goffe manovre, scansi col corpo la frasca nel mezzo di un passaggio, torni a capire quanto è importante provare spesso questa sensazione di adrenalina.
Passi insomma per aver fatto un Piccolo Stelvio in dieci minuti netti, anziché in otto, passi per essere arrivato in cima senza aver conosciuto l'oltretomba cardiovascolare, l'appagamento sta tutto lì. Nella discesa.
Un biker che esce con la mountain bike sa cosa voglio dire. Quando ti mette a scendere con la bici, non c'è molto tempo per pensare: c'è da mettere sempre le ruote nel posto giusto, senza toccare possibilmente i freni. Lasci a casa ed in ufficio tutti i pensieri. Ti scivolano dietro come l'aria che stai fendendo.
Ma c'è anche molto tempo per far affiorare una quantità di ricordi che rimangono indelebili nella mia mente, ricordi che conducono alle più belle gare e a quelle più ricche di emozioni.
E non serve per questo arrivare a scendere a cannone rischiando di spezzarsi in due per una questione di orgoglio o più tecnicamente di "celodurismo da discesa". Quando ti senti la bici in mano - o forse sarebbe il caso di dire "quanto ti senti perfettamente la bici sotto il culo" - com'è il caso di una bella ventinove pollici come la mia, magari leggermente tarata a favore del divertimento in discesa, cioè con la forcella che asserve un po' morbidamente le asperità del terreno e le gomme a pressioni non esagerate, ti viene tutto facile, compreso qualche droppetto e qualche bunny hop, e ti viene da fare delle traiettorie che si potrebbero mettere giù con delle forme polinomiali fino a x alla quinta. Ed in fondo alla discesa il sorriso stampato sul viso è garantito.
Ecco perché uscire un paio di volte la settimana fa bene al biker - soprattutto quello amatore - più di qualsiasi altra terapia: perché fa secernere una buona dose di serotonina, l'ormone del buon umore. Ecco perché se mi dicono che sono "drogato", sono fiero di me.
Ancora volta lancio un messaggio universale per il popolo dei biker: "Molela".
Non voglio intavolare un'improbabile dissertazione che gira attorno al fatto che ultimamente faccio sempre più fatica a pedalare, non lo vorrei fare, ma la mia natura di ciclista amatoriale è quella di essere lamentoso: devo pedalare di più, ma non faccio abbastanza, devo mangiare meno, per trovare una forma migliore, devo migliorare in quelle situazioni, perché sono un po' carente e tutte manfrine di questo genere. Alzi la mano il ciclista amatoriale che, alla luce dei fatti, pensa di non fare abbastanza - esclusi quelli che escono almeno quattro volte la settimana...
Chi conosce le mie faccende personali, familiari e lavorative, ne conosce le ragioni e quindi ha elementi sufficienti per capire, però rimane il fatto che rimane il fondo della verità e che cioè io voglio ancora pedalare e divertirmi in bicicletta.
Succede che se stai però lontano dalla bici per due o ben tre settimane consecutive, per motivi diversi da qualche influenza o raffreddore, ti ritrovi in forte difficoltà dopo tutto questo tempo.
La prima cosa che sparisce istantaneamente è il fiato. Sali in bici, cominci a pedalare e finché la strada è piana, il battito cardiaco va su velocemente e la cosa non può che essere apprezzata positivamente. Tutti direbbero: "Eh, chiaro! Hai il cuore riposato, è normale che salga rapidamente di giri".
Quando però attacchi la prima salita, ti accorgi che le cose non sono così semplici. Non vai avanti, nonostante tu ci metta tutta la tua buona volontà. Infatti da metà gennaio in poi, ho provato più di qualche volta a fare "piccoli stelvi", ma i tempi sono lontanissimi da quelli che segnavo un anno fa, quando invece ero preso a valutare ben altri problematiche, cioè primariamente quelli di abbandonare la forcella rigida e a vedere quanto avrei perso in salita con un chilogrammo di più a bordo.
Se esci una volta ogni due settimane, i tempi si dilatano in salita anche del 20%, per cui ci si potrebbe mettere lì anche a fare qualche calcolo, per stabilire quale sia il livello di performance rispetto al proprio "top della forma", cioè quello in cui le cose ti vengono facili, in salita voli e non senti nemmeno la catena.
Se però... se però ti rimetti ad andare in bici perché le "condizioni al contorno" te lo permettono e la situazione meteo torna ad essere favorevole, come sta succedendo in queste settimane di marzo, cioè quantomeno si riesce a fare un'uscita nel corso della settimana lavorativa e magari riesci a combinare un lungo nel fine settimana, allora la musica cambia completamente.
Dopo la fase iniziale di sconforto e la difficoltà oggettiva di trovare una prestazione decente, le cose cominciano a girare per il verso giusto e torni a prenderci gusto, perché vedi che i "tempi impossibili" di una volta sono meno inavvicinabili, il fiato torna ad essere un po' più sostenuto, mentre il miocardio riprende a lavorare a frequenze più umane pompando anche più sangue alle gambe - e magari un po' meno al cervello.
Mi sono ritrovato a scrivere già un papiro sulla ripresa delle attività, ma vengo al dunque nella parte 2.
Basta che vi guardiate questo video, con immagini riprese la settimana scorsa, quando tanti team erano in Bahrein a fare quanti più test possibili.
I motori turbo sono molto più rochi e meno piacevoli di un aspirato che viene clippato a 18000 giri/min, ma accontentiamoci.
Presentata ieri al salone di Ginevra, la 695 biposto segna un nuovo traguardo tra le Abarth mai costruite in serie per la libera circolazione. Ora qualcuno deriderà questa affermazione, quella utilizzata da Abarth per il lancio di questa 695 biposto, "The fastest Abarth ever is coming", perché in giro è pieno di Abarth truccate, con ben altre cavallerie, comprese quelle che escono dall'officina di Negrente, però stiamo parlando di vetture di serie, non di tuning che in taluni casi si mangia il margine di affidabilità previsto per ogni motore o vettura di serie.
Grazie ai suoi 190 CV, erogati sempre dal suo motore Tjet da 1,4 litri (1368 cmc per la precisione) ed un peso alleggerito appena sotto la soglia dei 1000 kg (995), questa nuova versione a due posti della 500 si spinge nell'accelerazione da fermo da 0 a 100 km/h sotto la soglia dei 6 secondi: 5,95!
Andare sotto i 6 secondi per una macchina più o meno sportiva è sempre qualcosa di entusiasmante, senza arrivare a spingersi tra le supercar. Chiaro che il risultato è merito non solo della cavalleria, ma anche del peso contenuto, essendo di 5,2 kg/CV.
Pare insomma che a Torino e dintorni abbiano capito bene la faccenda e, oltre a curare le supercar come Ferrari e Maserati, la nicchia delle piccole supercar è altrettanto interessante e remunerativa, dopo aver visto già la Alfa Romeo 4C, che presenta prestazioni di per sè entusiasmanti, oltre ad un'equipaggiamento da vera supercar.
Vi lascio al portale specifico messo a punto dalla casa dello scorpione.
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