Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Ieri in tanti amici si saranno accorti su Facebook che era il compleanno della Cicci, la mia donna, ed in tanti vi siete dati da fare con gli auguri, i messaggi, i regali, gli SMS, le telefonate e quant'altro.
Ieri sera era il "mio" turno di dirle "tanti auguri" ed abbiamo festeggiato il compleanno, col sottoscritto ai fornelli, una volta tanto. Il piatto principale erano i pizzoccheri valtellinesi, che ho preparato con le mie "abili" mani. Voi vi chiederete perché i pizzoccheri: non vi darò una risposta plausibile, non mi credereste... comunque per Elisa era la prima volta in assoluto che mangiava i pizzoccheri, perché per un motivo o per l'altro, non li ha mai mangiati in quel di Bormio, Pedenosso o Livigno. L'idea che ci fossero dentro le "odiate" verdure - quelle che i bambini non sopportano - l'aveva sempre allontanata da questo piatto "povero".
Usando tutte le verdure del caso, cioè aglio, spinaci, verza e coste, l'unica cosa che non era D.O.C. era il formaggio, perché ho usato la Fontina, anziché il Casera, come prescriverebbe l'originale ricetta valtellinese, ma la Fontina è comunemente accettata come valido sostituto.
I pizzoccheri sono senza dubbio un piatto invernale, più che altro che l'apporto calorico che essi danno o meglio, che il condimento dà al piatto, essendo basato su tantissimo burro, formaggi molli e formaggi saporiti come il Grana Padano.
Vi lascio alla foto all'impiattata poco secondi prima dell'assaggio, che trovate qui sotto.
Elisa mi ha dato un bell'otto e mezzo come voto generale! Non mi ha dato dieci, sennò mi monto la testa, ma il piatto era squisito, compreso il bis fatto oggi di quelli poco avanzati da ieri sera! Insomma quelle poche volte che mi metto ai fornelli, so fare la mia bella figura! Il problema è che per domenica mi hanno già precettato e vogliono che mi ripeta con molta più gente...
Ah, ve lo bisbiglio... vorrei andare a fare la GF dell'Alta Valtellina al 1 agosto: dite che si può fare?
Questo articolo prende spunto da un episodio capitato negli ultimi giorni col software di un mio cliente e quindi mi sono avvicinato alla problematica dei "false positive" in ambiente informatico. Mi premeva però rendere pubblica la questione anche a chi non è propriamente del settore, a differenza del sottoscritto, e cioè alla vastissima platea degli utilizzatori di computer. Il tutto nasce dal fatto che l'antivirus, quand'anche sia accreditato e suggerito dagli esperti informatici di cui si ha fiducia, non è l'oracolo ed è ben lontano dall'essere infallibile o di distinguere le mele marce tra quelle buone.
In rete ho trovato un ottimo spunto riguardante i "false positive" scovati dagli antivirus da parte di Nir Sofer, sviluppatore della NirSoft, piccolissima software house che si occupa della messa a punto di utilissimi strumenti per il recupero di password e quant'altro.
La conclusione a cui è arrivato Nir è che le compagnie degli antivirus pensano solo ai soldi e fanno venire il mal di testa ai piccoli sviluppatori come lui. E non si può certo dargli contro leggendo il suo articolo in lingua inglese.
Penso che chiunque convenga sul fatto che dopo più di una decina d'anni l'antivirus sia un tool basilare che la maggior parte della gente usa per proteggere il loro sistema operativo - ad onor del vero è solo Windows ad averne estremo bisogno, un po' meno gli altri - da virus, cavalli di troia (d'ora in poi trojan) e altri fastidii informatici con intenzioni maligne. Non entriamo nel merito della "presunta mafiosità" delle software house degli antivirus: da sempre circola la leggenda metropolitana che siano anche le stesse case a produrre i virus informatici, al fine di giustificare il loro mercato, ma da quando sulla rete si aggirano sempre più persone disoneste, disposte a tutto pur di entrare in possesso di informazioni personali e del denaro altrui attraverso i più svariati meccanismi di raggiro, effettivamente non si può disconoscere l'effettiva utilità dei software antivirus, quali buoni espedienti da integrarsi con altri per la difesa dei propri strumenti informatici e dei propri dati.
Sfortunatamente la maggior parte delle case antivirus si spinge troppo in là con la protezione dagli antivirus e i trojan e in parecchie situazioni classificano software assolutamente legittimo come un'infezione da virus/trojan: viene messa in pratica la massima di Giulio Andreotti, cioè che "a pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina". In questo articolo si ragiona sulle difficoltà generate dai pochi casi, per fortuna, per i quali gli antivirus sbagliano a "pensar male".
Un classico esempio di queste errate detezioni sono i tool di recupero password: la gente ha bisogno di questi tool per recuperare le loro password perse, pena la perdita o l'impossibilità di accedere ai propri dati. Questi tool per le password, come tante altre utility in circolazione, possono però essere usate anche dagli hacker, che invece hanno intenzioni tutt'altro che benevole.
L'attitudine di molte software house di antivirus è quella di essere molto severe in materia. Se si tratta di uno strumento che può essere usato dagli hacker, esso viene classificato come trojan o virus, anche se la quasi totalità dei suoi utilizzatori che li vuole usare, lo fa con buone intenzioni. Le compagnie degli antivirus non si preoccupano del fatto che inducono i loro clienti a pensare che gli autori di tali indispensabili utility - come Nirsoft - siano distributori di virus attraverso i loro siti.
C'è da dire anche che qualche società di sviluppo antivirus è un po' più delicata e sensibile nell'approcciare l'utente al problema e classifica questi strumenti come "minaccia di sicurezza" o "Riskware" - software a rischio, volendolo tradurre in italiano - che è molto meglio che classificarli categoricamente come virus o trojan, ma comunque impedisce all'utente di utilizzarli - semplicemente cancellandoli o mettendoli in quarantena, senza possibilità di scelta. Altri strumenti ancora invece chiedono all'utente come comportarsi nel caso in cui si verifichi qualcuna di queste situazioni.
Inoltre tantissimi utenti non conoscono la differenza tra virus e riskware e quando ricevono tali messaggi di detezione di un "riskware", essi continuano a pensare che tali strumenti siano comunque infettati da un virus chiamato "Riskware".
Questa situazione viene genericamente categorizzata come problema dei "false positive", cioè dei falsi positivi: uno strumento legittimo viene riconosciuto "positivo" ai test di un qualche antivirus, anche se in realtà si tratta di software legittimo e quindi tale test dà esito falso, cosa che capita non raramente anche nelle moderna analisi batteriologica, virale o biologica, per un errore di metodo, piuttosto che di misura o statistico.
Tanti sono gli sviluppatori che hanno problemi di "False Positive", tanto più quanto sono piccoli per distribuzione e per diffusione dei loro software.
Cosa ne è invece delle grandi software house come Microsoft? Queste, solitamente, non hanno di questi problemi e, quand'anche avessero un singolo caso di falso allarme per qualcuno dei loro software distribuiti, le aziende degli antivirus arriverebbero a correggere il problema entro un tempo molto breve. Molto semplicemente le software house degli antivirus sanno benissimo che le grandi compagnie godono del supporto di ottimi studi legali e se non fissassero il problema del loro antivirus, si ritroverebbero a fare i conti con una bella querela per diffamazione.
Un esempio di grande azienda è SysInternals. In passsato il loro tool "psexec.exe", che si poteva usare per eseguire codice su una macchina remota, è stato individuato come virus da alcuni software antivirus, ma da quando SysInternals è stata acquisita da Microsoft, tutti gli antivirus attestano che esso è immune, come si può vedere anche nel report di VirusTotal.
Purtroppo i piccoli sviluppatori sono discriminati rispetto ai grandi quando si tratta di far presente il problema alle aziende degli antivirus. Parecchie sono le persone che suggeriscono alla Nirsoft del perché non contattino direttamente le software house degli antivirus per risolvere le noie dei falsi allarmi. Ecco semplicemente spiegati in quattro punti del perché qualsiasi azioni sia abbastanza vana.
1. Ci sono decine e decine di compagnie di antivirus sul mercato con combinazioni di parecchi versioni di software, che possono far apparire o meno una quantità impressionante di falsi allarmi sulle macchine dei clienti finali. Gestire tutti questi falsi allarmi richiederebbe un dipendente a tempo pieno solo per gestire amministrativamente queste segnalazioni con gli sviluppatori di antivirus.
2. Se si guarda meglio ai siti di alcune compagnie, si troverà molto semplicemente il bottone "Compra subito!", ma non si troverà quasi mai il link per segnalare un "false positive" per il loro antivirus. Queste aziende badano solo a realizzare più vendite, ma non si prendono assolutamente a cuore il problema dei "false positive" nei loro prodotti. Loro nascondono molto spesso dentro il loro sito l'opzione di segnalare un "false positive", mentre altri danno tale possibilità solo agli utenti che hanno effettivamente comprato il loro software o il loro servizio.
3. Se anche si trovasse un metodo abbastanza semplice per segnalare un falso allarme nel loro sito, la maggior parte di tali compagnie non risponderebbe alle richieste o semplicemente manderebbe un messaggio automatico, dicendo che il file inviato è infetto. In alcuni casi, invece, gli sviluppatori dell'antivirus sistemano il problema del falso allarme nel loro successivo aggiornamento, senza ammettere che avevano tale problema e senza mandare alcuna scusa al cliente o allo sviluppatore dell'utility legittima.
4. I "false positive" spesso ritornano! Anche se la software house corregge il problema di detezione di un falso allarme, è solo una questione di tempo: prima o poi la loro ultima versione dell'antivirus riprenderà a segnalare nuovamente che l'utility legittima è ancora un virus o un trojan, magari sotto altro nome.
Se pertanto vi capiterà di essere frustrati al riguardo, come lo è appunto la Nirsoft, si può sempre vedere di aiutare i piccoli sviluppatori cercando di impedire alle aziende che vendono antivirus di riconoscere tali utility come virus o trojan, ma cosa fare effettivamente?
1. Aggiungere i propri commenti commenti in calce all'articolo della Nirsoft, sia in qualità di utente finale o di sviluppatore software.
2. Mandare il link di questo articolo a tutti gli amici, in modo che maturino consapevolezza del problema dei "false positive".
3. Se si paga regolarmente la licenza e gli aggiornamenti del software antivirus, non esitare a chiamare la società che lo sviluppa e pretendere che blocchino questi falsi allarmi nel loro software. Se si paga per un prodotto antivirus, si meriterebbe di avere avere un prodotto affidabile che individua solo i virus reali.
4. Se si ha un qualche contatto con qualche redattore o giornalista di qualche grande rivista o pubblicazione, si potrebbe provare ad offrigli la possibilità di effettuare una ricerca o di scrivere un articolo sui problemi dei falsi allarmi scatenati dagli antivirus. Purtroppo tanti periodici e riviste del settore non andranno mai a pubblicare un'indagine contro le compagnie antivirus, visto che quest'ultime li pagano profumatamente per la pubblicità.
In conclusione, se il problema dei "false positive" sollevasse un polverone sufficientemente grande tra i media, le software house degli antivirus arriverebbero a capire che essi potrebbero minacciare la loro credibilità, nonché diminuire le loro vendite e conseguentemente darebbero una maggiore priorità nel correggere questi falsi allarmi nei loro prodotti commerciali.
Sgombrando il campo da subito da eventuali promozioni sull'apertura di conti di deposito per i nuovi clienti - promozioni che sono ultimamente sempre a costo/beneficio fisso massimo sia per le banca che per il cliente, cioè spesso un +0.50% per 6 mesi su al più 50.000 Euro, cioè indicativamente una cifra tra gli 80 e i 100 Euro - voglio fare il punto della situazione sugli investimenti a capitale "garantito" e rendimento certo.
Supponiamo pertanto di avere a disposizione una cifra di 50.000 Euro da vincolare per un periodo di circa 12 mesi, concedendo qualche eccezione. Queste sono le opzioni che ho trovato personalmente sulla rete:
- conto deposito IWSuperPower Turbo 365 (2,00% netto): 1000 Euro dopo 12 mesi
- conto deposito CheBanca (1,825% netto, 2,50% lordo) e reinvestimento degli interessi al giorno dopo: 929,45 Euro
- obbligazione PCT CheBanca a 8 mesi (2,36% netto, 2,70% lordo) pensando al reinvestimento PCT 4 mesi: 1051,55 Euro
- obbligazione PCT CheBanca a 8 mesi (2,36% netto, 2,70% lordo) proiettato a 12 mesi: 1180 Euro
- Santander Time Deposit a 12 mesi (2,19% netto, 3,00% lordo, imposta di bollo): 1060,80 Euro
- Arancio+ a 12 mesi (2,20% lordo, 1,606% netto): 803 Euro
Effettivamente il PCT di CheBanca, che dura 8 mesi, è un po' tirato per i capelli, visto che per renderlo confrontabile col resto, lo abbiamo reinvestito a 4 mesi ad un tasso decisamente più basso che quello a 8 mesi, per cui ho messo anche l'ipotesi a 16 mesi.
Per caso voi conoscete dell'altro che superi queste proposte?
Visto che la chiedete a gran voce, ecco la radiocronaca del giro dei Turnover...
Anzitutto devo dire che stamane sono comunque riuscito a vedere quasi tutto il PFC, nonostante gli obiettivi
diversi di giornata.
La partenza del trenino Turnover avviene in mia assenza, ma io mi allineo all'altezza di Cuzzano, dove comincia il
mio lungo saluto a tutti i presenti, visto il mio "ritorno" alla strada, dopo 4 mesi di assenza. Eh si, perché dopo
la Gran Fondo Avesani non ero più salito sulla bici da strada, a parte il test della Pinarello Dogma e l'uscita del
giro sociale Turnover al 18 ottobre.
Effettivamente i 1500 e più km menati in sella alla MTB anche su asfalto, son tutta un'altra cosa: i Racing Ralph
li potete anche gonfiare a 3 atm, ma son sempre duri da far rotolare rispetto alla bici da strada. Se poi
aggiungete anche il fatto che il ritorno su strada si scrive Scott Addict, allora a maggior ragione...
Beh, la discesa da Marzana fino a Porta Vescovo è tutto un chiaccherio con lo stato maggiore del GC Grezzana,
infilato dentro il treno della Valpantena. Saluto prima il Gianca Bombieri, poi il Chepe ed il Tela, sempre delle
buone ruote veloci. Poi è la volta dei primi Turnover, perché non si può certo nascondere la novità, ormai messa
sulla piazza. La mia bici, rossonera, ricorda molto qualcuna delle bici vendute in negozio, l'equipaggiamento è di
prim'ordine e quindi la curiosità e l'interesse per un prodotto 2010 di una squadra Pro Tour è comunque elevato.
All'altezza di Bicicli si saluta Diego GPS, che ha abbandonato ormai il cascopandoro, e, arrivati a Ponte Catena, qualche secondo di sosta, giusto il tempo di salutare il Pappataso, in libera uscita a bordo della sua Rigidona, e poi via
di nuovo lungo Lungadige Attiraglio. L'Anonimo Turnover è da subito prevenuto e, onde evitare di perdere il treno,
parte subito con la testa e lo raggiungo solo dopo un buon chilometro. E' dunque il momento di salutare i vari
Vesentini, il Mirko Lavagnoli, il Remo Bertani. Alla diga alzo la mano per salutare il Conte, che è ben appostato
con la sua Verdona.
La salita del Ceo e il passaggio a San Vito è fatto ad una buona velocità, ma nella pancia del gruppo la sensazione
è molto gradevole e non si fa proprio fatica a starci dentro. Sarà che si respira un clima da gran fondo su strada,
ma la strada scorre che è un piacere, mentre sono spesso i senatori del gruppo, tra l'altro nemmeno divise Turnover, il Lucio e l'Avvocato a tirare il treno.
Quando i motori sono ormai caldi, giunge il momento topico di giornata, ossia il temutissimo Flover. Il Paolo GPS toglie subito la padella e mette il 34 ed io lo seguo subito, cercando di tenere il motore bello su di giri. Davanti a fare l'andatura c'è anche il Diego Anselmi e si sale "tranquillamente" ai 27 km/h, solo che si attende da un momento all'altro il coup de teatre. E' il Remo Rossi lo sborone di giornata: l'accelerazione è notevole e la bagarre è garantita. Tutto il gruppone si allunga abbastanza e l'intera corsia di marcia della sede stradale è occupata
interamente dal treno Turnover.
Il mio cuoricino, nonostante non sia affatto allenato ancora a carichi di lavoro particolari, risponde molto bene,
salendo di frequenza alla grande e vedo il mio nuovo record di sempre, ossia 187 bpm. Il Flover non si smentisce
mai: è davvero un banco di prova perfetto per provare lo sforzo anaerobico.
In cima al Flover non si aspetta nessuno in pieno stile Turnover e all'incrocio di Pastrengo la velocità è già di
45 km/h, che giunge il momento di mettere il 50/11 e di buttarsi a capofitto giù verso Lazise con punta massima a
62 km/h ben oltre le 110 pedalate al minuto.
Anche il pezzo da Lazise a Bardolino è fatto a velocità astronomica e anche il Mirko Lavagnoli lo vedo per la prima
volta col fiatone, cosa che mi sorprende non poco. Freccia a destra per la salita del Pigno e quasi tutto il gruppo
gira, mentre qualcuno tira dritto verso la Torri-Bivio.
Qui il Paolo Orlandi e l'Anonimo spariscono subito, mentre io mi faccio una bella chiaccherata col Marco Scala,
equipaggiato per l'occasione con Carrera Phibra e Lightweight da paura. In cima al Pigno solito riallineamento del
gruppo e noi del distaccamento PFC Turnover, cioè io, l'Orlando e l'Anonimo, decidiamo di abbandonare il nostro team e la relativa tirata a morte verso Verona e giriamo verso Affi e Cavaion per rigorosa pausa caffé.
Ci prendiamo un buon quarto d'ora per cappuccino o caffé e dolcetto scherzetto ovviamente offerto dalla ditta Marcante Addict. Vedrò di fare altrettanto in un'altra occasione per tutto il PFC, magari quando arriverà il telaio "sostitutivo" della bici da strada del Pezzo, in arrivo nelle prossime settimane, sperando che non impieghi tutto il tempo che ho atteso io per le calotte della Addict.
Il ritorno è fatto ad andatura assolutamente cicloturistica, come Dio comanda. La media coi Turnover era di circa 31-32 km/h, Pigno compreso, mentre il resto lo facciamo ai 27-28 km/h, con varie stradine inedite grazie al Paolo GPS e la ciclabile lungo il canale che ci riporta a Bussolengo. Gli argomenti di conversazione si spostano dall'agonismo puro alla gnocca e l'indice di gradimento sale subito alle stelle...
Le ultime scorribande ci vedono tornare a Verona ed attraversare Borgo Venezia e San Michele Extra fino all'isolato dove abita l'Anonimo, ma la compagnia ristretta decide di scortare il Marcante fino a San Martino Buon Albergo, e ringrazio per il favore. Io devo arrivare a Caldiero, giusto in tempo per mettermi ai fornelli ed impiattare pizzoccheri anche oggi per tutto il parentado.
In conclusione, ottimo giro in compagnia del mio team, secondo i classici schemi e ritmi Turnover - in tutta onestà non ho nemmeno tribolato un granché, ci son state uscite coi Turnover dove ho tribolato molto di più - una buona sgambettata con la Addict, che è davvero un aereo ed un passo in avanti rispetto alla Speedster. Il ritorno in piacevole compagnia ancora meglio. La bici da strada, vissuta in questo modo, non è proprio malvagia... Domenica prossima pandoro e cioccolata calda a Castion, il tutto offerto, dopo una Torri-Bivio dove proverò la "legeresse" della Addict?
Ampio spazio su L'Arena di oggi, quotidiano per antonomasia di Verona e provincia, lunedì 18 gennaio. Nelle pagine sportive, l'articolo è dedicato alla nostra punta di diamante, Simone Boscaini, a cui quest'anno si aggiunge anche Federico Birtele, ma la foto ritrae una parte del team, scattata in occasione dell'ultima uscita sociale del 18 ottobre.
(tratto da L'Arena del 18/01/2010)
Passato quasi in sordina come evento, quantomeno sul mio blog, l'arrivo della Addict '10 ha caratterizzato gli ultimi giorni del sottoscritto. Questo weekend è stato una quattro giorni tutta all'insegna della strada, già a cominciare da venerdì nel primo pomeriggio, quando son andato a farla vedere al compagno di merende, il quale mi ha riservato la consueta accoglienza coi fiocchi, cioè caffé e biscotti.
Sabato mattina ero impossibilitato causa attività boscaiola, ma nel pomeriggio l'uscita era assicurata con l'Orlando, con un vai e vieni da Quinto fino alla Costadoro di Bardolino.
Domenica mattina infine il debutto in società, con la classica uscita col team Turnover, cioè un vai e vegni sempre da Grezzana fino a Bardolino, con le salite del Flover e del Pigno, come leit-motiv della giornata.
Oggi pomeriggio invece una sgranchita di gambe sempre fino alla Pieve di Colognola ai Colli e consueto caffé con biscotto al cioccolato. Un totale di 243 km che ha consentito di apprezzare solo parzialmente la novità rappresentata dalla mia nuova bici da strada.
Anzitutto l'impressione di rigidità è assoluta, dopo che avevo avuto modo di provare nei primi giorni di ottobre la Pinarello Dogma montata col cambio elettronico DuraAce Di2. La Addict 2010 si conferma solida e compatta tanto quanto la bici col telaio asimmetrico di casa Pinarello. Non ho ancora avvertito i fastidii avvertiti da qualcuno al riguardo della Addict, cioè del fatto che un telaio così estremo e troppo racing sia tanto rigido da stancare dopo ore che si è in sella.
Altra novità per il sottoscritto, non lo sarà affatto per tantissimi di voi che passate a leggere in questo blog, è il fatto che non ci siano più fili davanti a pipa e curva: il Shimano 105 di cui era equipaggiata la mia precedente Scott Speedster invece li aveva e il colpo d'occhio è sicuramente migliore.
Altro cambiamento è la larghezza del manubrio: il precedente Ritchey Comp era 44 cm (esterno-esterno), mentre quello nuovo è un Ritchey WCS da 42 cm. In teoria un manubrio leggermente più stretto dovrebbe innescare una maggiore nervosità della bici, ma non l'ho affatto avvertita. A dire il vero anche la Dogma che avevo provato aveva il manubrio da 42 cm e devo dire che se ne avvantaggia alla grande la posizione in bici, grazie alle braccia più compatte, il corpo un pelo più raccolto e meno esposto all'aria in velocità.
Per quelle poche salitelle che ho affrontato, i 1630 grammi in meno si sentono tutti, anche all'atto del rilancio, ma non vorrei soffermarmi su questo particolare, visto che sono ancora decisamente sovrappeso, rispetto al peso forma. Inutile, quindi, fare qualsiasi considerazione di questo tipo. La faremo più avanti nella stagione, appena si comincerà a fare sul serio su qualche salita degna di tale nome.
Il gruppo completo dello SRAM RED è molto buono. Ero rimasto positivamente sorpreso da un DuraAce 7800 provato tre mesi fa su una Mr.Gud, per la scorrevolezza dei fili e la precisione della cambiata. Il mio Red l'ho trovato un pelo più duro nell'attuazione e non altrettanto preciso, ma devo assolutamente farci la mano, visto che la leva è unica ed il comando è pure unico. Sicuramente un riallineamento dopo i primi 1000 km di pedalate ci vuole sicuramente.
La nuova sella scelta per la Addict, una Selle Italia SLR Kit Carbon Flow, è una bomba, meglio anche della SLR base che ho sulla Scale. Devo ancora provarla su un'uscita di oltre 4 ore per dare compiutamente un giudizio, ma fino ad ora perfetta.
Infine la questione estetica, che forse è quella quasi più importante, quando si sceglie una bici top di gamma. La mia Addict R2 2010 si distacca dai classici colori Scott, cioè giallo e nero, ma accentua parecchio la tendenza al rosso di sempre più marchi. Così come l'ho configurata e realizzata è sublime a mio avviso. Cattiva e racing a più non posso. Buona anche l'impressione estetica del fuori sella nonostante si tratti di un telaio S, cioè da 53 cm: grazie al mio cavallo "alto", la bici sembra abbastanza slanciata e gradevole alla vista e quindi il reggisella integrato fa la sua porca figura.
Più di qualche amico invoca già le ruote ad alto profilo, ma inviterei tutti a moderarsi, che c'è tempo per tutto...
Ecco alcuni dati della mia Addict:
- telaio Scott Addict R2 2010
- carbonio monoscocca HMF.NET
- reggisella integrato con collarino Ritchey WCS
- forcellini integrati in carbonio SCDS con flangiatura in alluminio per il deragliatore
- movimento integrato PressFit GXP BB-PF86
- fermacavi integrati in carbonio
- supporto deragliatore anteriore in carbonio
- gruppo completo SRAM RED con guarnitura da 172,5 mm, corone 50/34 e cassetta 11/26
- Fulcrum Racing Zero per copertoncino
- Selle Italia SLR Kit Carbon Flow
- pipa Ritchey WCS 4-Axis colore wetblack
- curva Ritchey WCS Logic II colore wetblack
- portaborraccia in carbonio 991
- pedali Look Keo Titanium edizione Pinarello
- ciclocomputer Polar CS200 con contapedalate
Il peso finale è di 6750 grammi, stando alla misurazione del negozio, solo che non l'ho visto coi miei occhi, cosa che mi riservo di fare nei prossimi giorni.
Vi invito pure a fare un confronto estetico con la Scott Addict R2 2010, disponibile anche come bici completa, però non dotata di reggisella integrato, andando a questo indirizzo, all'interno del sito della Scott.
Here some factory specs are listed about my new roadbike, a Scott Addict R2:
- Scott Addict R2 2010 frameset
- integrated seatpost with Ritchey WCS seat clamp
- HMF.NET monocoque carbon technology
- Scott Carbon Dropout System (SCDS) with replaceable aluminium derailleur hanger
- integrated PressFit GXP BB-PF86 bottom bracket
- Carbon Cable Stops
- Carbon Front Derailleur Mount
- complete SRAM RED groupset with 172,5 mm crankset arm length, 50/34 chainrings, and 11/26 cassette
- Fulcrum Racing Zero clincher wheels
- Selle Italia SLR Kit Carbon Flow saddle
- Ritchey WCS 4-Axis wetblack stem
- Ritchey WCS Logic II wetblack bar
- carbon 991 bottlecage
- Look Keo Titanium Pinarello Edition pedals
- Polar CS200 with cadence kit computer
Final weight is 6750 grams (14.9 lbs), as stated by my bike shop, but I didn't see it with my own eyes, so I need to measure it again by myself during the next week. Weight and lightness are a real business in this world!
I invite everybody to do an look-and-feel comparison between my Addict and the works Scott Addict R2 2010, which doesn't come equipped with an integrated seatpost, as you can see at this page, inside the Scott website.
Il Team HTC-Columbia questa settimana è nel bel mezzo del periodo di preparazione nel sud della Spagna. Il ritiro invernale è giusto il tempo di togliersi di dosso le ragnatele, di ricevere tutto il materiale tecnico sponsorizzato e di indossare il nuovo abbigliamento. La Scott porta tre nuove bici per il team nel 2010. La prima è la Addict RC, con telaio della Addict da 790 grammi in carbonio montato col DuraAce elettronico.
Altra bici è la Addict R1, basata sullo stesso telaio, ma dotata del DuraAce 7900. Infine la Plasma 3, la bici da crono per il team, sta per essere presentata come progetto in fase di sviluppo avanzato in collaborazione del Team HTC-Columbia allo scopo di realizzare una bici da crono ancora più veloce e che sarà equipaggiata col DuraAce elettronico nel corso della stagione.
Le Addict della squadra sono realizzate con la fibra di carbonio marchio proprietario della Scott, ossia il HMX.NET, oltre ad avere un reggisella integrato. Le bici sono infine dotate di selle Fizik, pneumatici Continental, pipe e manubri PRO.
(articolo trovato su www.roadbikereview.com)
Prendo volentieri il testimone della cronaca della mattinata dal blog dell'Anonimo per continuare con quella del pomeriggio, visto che la star di giornata è più che mai l'Orlando.
Dopo aver condotto il gruppetto sulle nevi della Translessinia, si lancia in una cronodiscesa da San Giorgio fino a Romagnano in 25' e arriva alla gelateria Ciao verso le 14.20, pronto per l'appuntamento col sottoscritto.
Oggi il Paolo mi conduce su un percorso in buona parte inedito per me: penso che ora della fine ci saranno almeno 5-6 km assolutamente inesplorati dalla mia Scale.
Si comincia subito dalle scuole medie di Grezzana su uno sterratino molto pedalabile, che presenta solo un piccolo guado, più che sufficiente per sporcare subito la mia Scale, più linda che mai, dopo qualcosa come 10 giorni di stop assoluto.
Arrivati alla contrada Cavolo si raggiungono i Casotti tutti su asfalto e solo dai Casotti si comincia a fare sul serio. Dopo aver aggirato le proprietà Signorini ai Casotti, ci butta a capofitto verso Salvalaio di Alcenago, nonostante i miei timori di fango e sassi smossi. Indosso infatti l'ultima divisa ricevuta dal team, quella che Paolo chiama la "divisa del Gabibbo" e l'ultima delle mie intenzioni è di sporcarla...
Per mia fortuna l'antivento messo sopra il giubbino invernale lo protegge totalmente da qualsiasi macchia e spruzzo di fango. Così arriviamo ad Alcenago che le bici son "nefande", ma il divertimento e la guida sono stati al massimo livello.
L'attraversamento di Vigo è fatto su asfalto, ma decidiamo che è l'ora di fare sul serio col fango e ce ne andiamo a cercare un po' di quello speciale in località Saline, dove guadiamo sia acqua che ghiaccio e scavalchiamo la parte alta del vaio di Reolto e raggiungiamo così la lunghissima carrareccia delle cave di Coda di Alcenago. Era da bambino che non ci tornavo!
Breve, ma tosta strada cementata di porta in cima a Coda e poi breve trasferimento su asfalto verso il GPM di giornata, cioè prima il capitello di Fiamene e poi la sella di Fiamene stesso, dove svoltiamo a destra per attraversare la boscaglia alpina del Monte Nuvola, altro posto dove non passavo da tempi immemori e sicuramente la mia prima volta in assoluto in MTB.
La vista dell'alta Valpantena dalla costa orientale del Monte Nuvola è a dir poco esagerata: io mi fermo qualche secondo a contemplare, ma la temperatura è decisamente rigida e bisogna andare.
Una serpentina in discesa ci fa abbassare rapidamente di quota e arriviamo alle case isolate dei Fratoni, con deviazione a sinistra verso i Saletti, che ci ritroviamo praticamente sotto a Giare. Guadiamo per ben due volte il corso d'acqua e poi la lunghissima pedalata in direzione sud mi fa scorgere altri stupendi quadretti dell'Alta Valpantena. Qua comincio a pensare che bisogna battezzare al più presto la cosa con qualche altro nome suggestivo, tipo "Valpantena Overland", ma non corriamo troppo.
Estraggo il telefono e scatto una foto di pessima qualità puntandolo verso l'altro versante della vallata, dove si vede chiaramente il tornantone della provinciale che collega Lugo al Corso. Da qui la differenza di altitudine è spaventosa: saremo almeno 250 metri al di sopra dell'oggetto della foto!
Il tempo di spartire la barretta alla mela verde col Paolo e poi "avanti col pezzo"! Si ritorna in picchiata verso la cava di mio suocero, cioè cava del Boarol, dove ricordo a tutti giace la mia Graziella Carbon Grandis, e poi giù per l'ultimo pezzo forte di giornata, cioè il canyon del Boarol, appunto.
Lungo circa 40 metri, largo circa 4 metri e alto 5-6 metri, non è completamente praticabile con le nostre front, ma se avessimo una buona freeride, penso che non ci sarebbero grossissimi problemi a scenderla tutta in sella fino in fondo!
Dopo alcuni altri gradini impraticabili, arriviamo alla Chiesa di Lugo in pochi minuti e anche oggi portiamo a casa un giro eccellente, dove io ho provato un sacco di pezzi nuovi, che non avevo mai provato prima. Il buon Paolo manderà la traccia GPS quanto prima.
Il trasferimento finale da Lugo fino a Quinto prevede una brevissima sosta in Turnover per gli ultimi aggiornamenti e sera è già ormai.
Ringrazio il Paolo per l'ottima escursione: direi che adesso non mi manca più nulla delle zone alcenaghesi in MTB, ma mai dire mai!
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