Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Oggi era previsto il debutto stagionale per l'agonismo che conta, cioé quello del popolo degli amanti della MTB, che si sono riversati alla grande in quel di Guastalla per l'undicesima edizione della Airon Bike.
Presenti praticamente tutti: Papataso Fans Club quasi al completo, idem per il team Rodella e ovviamente gli ospiti di casa, che ci deliziano con una buona organizzazione dell'evento, un gran pacco gara e un percorso che di meglio non si può fare in zona, che riserva pure qualche emozione qua e là, come sul discesone con Manuela Arcuri incorporata.
Da come si era messa venerdì scorso, quando ero nel pieno dell'infezione virale di una bella influenza intestinale, non avrei mai detto oggi di andare così forte. Non avevo mangiato nulla nel corso di venerdì, mentre ieri ero andato di risettino in bianco e qualche altra robetta leggera leggera, quindi l'alimentazione non era affatto ideale per il debutto stagionale.
Di contro arrivava una gran preparazione ciclistica fatta a partire dalla Gran Fondo del Pandoro, con circa 2000 km fatti in soli due mesi e anche grazie all'allenantissimo Eurostar Turnover, che ho preso per quasi tutto il mese di gennaio.
Fatto sta che stamattina mi sono goduto al massimo l'evento, perché non mi aspettavo alcun risultato, visto come si era messa due giorni prima, e così son entrato in griglia di buon ora con tutto il Papataso Fans Club, però un pelo conscio di poter fare comunque bene.
Al via le ruote veloci del PFC già se ne vanno ed io son lì col Giando, che mi dico subito che se qua non mi dò una smossa, i tortellini di fine gara me li mangiano tutti. Il tempo solo di salutare il Fabione e il Gianlu presenti in ogni angolo del percorso a scattare foto su foto e - sorpresa delle sorprese - anche l'onnipresente Paolo Orlandi, che è venuto a testare il suo GPS nella parte più piatta delle Pianure Padane: non mi perdo d'animo e comincio a sgasare subito sull'acceleratore, solo che il Polar è completamente in panne e non ne vuole sapere di indicare la velocità giusta, ma dopo il rettilineo su asfalto segna per un colpo i 43 km/h, che si gira a destra e si entra sul primo sterratone e successivamente su un pezzo erboso.
Poco avanti la sagoma dell'Anonimo Turnover che affianco ben presto a bordo del Chesinone, il quale mi pare abbastanza in giornata. Dopo 2-3 km con lui, scorgo in lontananza la sagoma del Radu, distinguibile da lontano più che per la divisa Tagliaro soprattutto per i copriscarpe ZeroWind giallobianchi. Non ci penso proprio ad andare dalle sue parti. Non mi rimane che superare gente su gente e gestire la cosa in compagnia dell'Anonimo, non proprio in palla nelle prime battute di gara. E' proprio lui a confessarmi: "Risparmiamo la gamba per il finale". Che voglia dire qualcosa?
Vuoi che in lontananza vedo un tipetto slanciato con divisa Focus che ogni tanto si gira indietro per vedere se arrivano rinforzi o se arriva la Protezione Civile a dar man forte per lo stato di crisi. Io son preso male e mi ripeto: "Apperò, anche il Papataso lì avanti?" E giù una sgasatina a 180 battiti e son già alla sua ruota. Le sgasate nel primo giro mi vengono davvero bene: tengo la ruota per un minuto e poi giù una bella sgasata a +10 km/h. Son però consapevole che di carboidrati nel sangue ce ne sono pochetti, per cui inutile esagerare, tanto prima o poi si accendono le spie sul quadro.
La trance agonistica però è tanta, pertanto è la volta anche di affiancare la Polly del Team Sculazzo, solo che se va presto anche il primo giro e si fa un rapido consulto col Papataso, divenuto ormai compagno di gara: "Cosa facciamo per questo secondo giro? Altro giro veloce o dosiamo le forze?". Il buon Andrea suggerisce di dare fine alle ostilità, prima che finiscano del tutto le forze ed io a queste proposte molto pacifiche non posso che accettarle con grande serenità, visto il già grande risultato di essere dopo metà gara in compagnia del mio ciclista preferito.
Vuoi che poco dopo l'inizio del secondo e ultimo giro, una gran gamba è davanti a noi con una bici biammortizzata, capelli grigi, che non cala di un pelo il gas per almeno 6/7 km. Una rapida battuta a caldo col Papataso sul ritmo tenuto dal fenomeno davanti a noi e sempre altri miti consigli.
Tutto procede liscio, con altri superamenti qua e là secondo tabella di marcia, che ormai arriviamo in zona del discesone Arcuri e risorge dalle ceneri come L'Araba Fenice nientepopòdimeno che l'Anonimo in sella al Chesinone, alché con grande mio stupore esclamo: "Ah ci ghe, qua!" Credevo che l'Anonimo avesse alzato bandiera bianca, perché l'ultima volta che l'ho visto sarà stato poco prima del mio aggancio sul fratello, cioé almeno 30 km prima.
Solo che non arriva alcuna risposta dall'Anonimo ed alla domanda del fratello più o meno dello stesso mio tenore, altro silenzio di tomba. L'Anonimo spiegherà più tardi che aveva si e no fiato per arfiare, figuriamoci di rispondere alle nostre domande, solo che la sua gamba gira ancora bella vispa, quindi noi interpretiamo la cosa in una maniera non proprio serena.
L'atmosfera è presto surreale, gli sguardi sono fratricidi e io so di rischiare molto grosso in mezzo ai due fuochi, dopo quello che si è visto alla Tre Valli e Custoza Bike edizioni 2009.
Provo da subito a fare da messaggero e portatore di pace, ma capisco che non è giornata. L'Anonimo non ne vuole sapere di ascoltare, né di capire le nostre intenzioni. Probabilmente sta pensando che l'occasione è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire: dopo aver tribolato per una gara intera ed aver recuperato ben un minuto sui fuggitivi durante il secondo giro, pure la possibilità di beffarli in vista del traguardo. Il ragionamento non fa una piega.
A me non rimane che farmi da parte e vedere cosa succede negli ultimi duecento metri: com'è andata a finire lo sapete già.
Dico solo che al fratello e al compagno di squadra una parola si poteva rispondere. No digo altro, altrimenti penso subito a Cunego e Simoni nel 2004...
Complimenti comunque al Papataso per essersi esibito molto altruisticamente più e più volte a tirare svariati trenini nel nostro procedere assieme verso l'arrivo. Complimenti all'Anonimo per la rimonta. Se ne parla col DS domani sera in Turnover, dove farò valere le mie ragioni contrattuali...
Questa la vista dalla salita di Navazzo.
Ieri ho pedalato per la mia prima volta sulla costa bresciana del Lago di Garda. Era l'unica parte che mi mancava del lago benacense e l'ho fatto in compagnia degli amici Rodelliani di Castiglione delle Stiviere.
Ci eravamo più o meno accordati durante la settimana, per fare un giro che includesse le classiche strade e stradine pedalate dai ciclisti dell'alto mantovano e del bresciano ed è così che ho scoperto il territorio bresciano dal punto di vista ciclistico.
Tutta la zona da Desenzano del Garda fino a Salò e Villanova sul Clisi la conosco più o meno vagamente, visto che ci passo all'incirca una volta all'anno in compagnia degli amici rallisti, Fit, Duda e Gianni, quando si va sulle prove del Rally Millemiglia, ma questa volta non mi son fatto pregare due volte per andare a pedalarci anche in bici.
Purtroppo gli amici del Pappataso Fans Club hanno declinato l'invito ed hanno preferito rimandare questo suggerimento più in là nel corso della primavera, temendo in una giornata fredda: solo Paolo Orlandi è stato invece di avviso diverso e, quando si tratta di abbracciare nuove avventure sportive, nemmeno lui si fa supplicare, visto che non ha vincoli familiari o affettivi. Effettivamente ieri mattina l'appuntamento alle 7.45 sotto casa mia era decisamente freddo per essere già in sella. Ne sa qualcosa Paolo, che veniva giù da Grezzana fino a Quinto, semplicemente in sella alla sua Wilier.
Buttata anche la sua bici in macchina, ci siamo trasferiti rapidamente verso Desenzano del Garda in A4, dove ci siamo vestiti e abbiamo messo le nostre bici in ordine di marcia in zona Piscine di Desenzano, dove c'erano il Bazzo e qualche suo compagno di team, oltre a Fabione del Team Sculazzo e Alessandro, anche lui di Guastalla.
Dopo qualche chilometro ci ricongiungiamo anche col resto del team Rodella e ci ritroviamo a pedalare lungo la sponda bresciana in un gruppetto di una dozzina di ciclisti. E' tutto un mangiaebevi la parte iniziale, anche se le pendenze ed i dislivelli non sono mai significativi, ma è giusto quello che ci vuole per scaldare le gambe e rompere il fiato.
C'è da dire che il gruppo non bada mai alla prestazione velocistica e quando viene superato da qualche altro team di "scalmanati", come ad esempio il Team Zanola, il ritmo aumenta magari per un paio di chilometri, ma la cosa non sfiora minimamente il lato agonistico dei rodelliani e il gruppo che sorpassa se ne va senza lasciare il segno. Insomma io e Paolo intuiamo una volta tanto che non siamo finiti in una combriccola di "invasati" - ogni riferimento è puramente casuale - ma in quella di un gruppo di "amatori" che amano sì di tanto in tanto lo scattino, ma che fanno tutto il possibile per mantenere sempre il gruppo compatto e sereno. La media è comunque sempre tra i 34 ed il 38 km/h - quindi fermi proprio non siamo - col Fabione che fa lo sborone per tutta la giornata, visto che la sua Scott CR1 monta per l'occasione i cerchi Phazek ad alto profilo del Bazzo, quindi è suo diritto e dovere provarli per bene e quindi stare davanti spesso e volentieri a tirare il gruppo.
A San Michele perdiamo tutti i rodelliani tranne i fratelli Bazzani e rimaniamo in sei: continuiamo in direzione Limone e svoltiamo a sinistra poco prima delle gallerie. Ci aspetta la salita del Navazzo. Mi scambio la bici col Fabione, tanto per mortificarlo un altro po' - la sua lista della spesa prevede nell'ordine cerchi ad alto profilo, supertelaio Addict R2 2009 e aggiornamento di qualche componente del gruppo - e capisce che le geometrie ed il peso della Addict son un altro importante step in avanti. Alché si ferma subito e mi restituisce subito la mia Addict, quasi a voler evitare ulteriori problemi in famiglia nei prossimi mesi, tanto non cambia nulla: il suo percorso è già segnato...
Tornando alla salita del Navazzo, mano a mano che saliamo, la vista sul lago di Garda è sempre più struggente e incantevole. Ci son perfino dei tornanti quasi a sbalzo che invitano a togliere il gas e a fermarsi per scattare una foto. La grande distesa d'acqua anticipa il grande monumento del Monte Baldo, tutto imbiancato e appena sotto il livello della neve le tracce ben visibili sia delle località di Prada che la salita di Punta Veleno. Se ravanate su Facebook, di foto di ieri ne trovate in quantità, comprese queste panoramiche.
La salita di Navazzo non presenta mai pendenze importanti: è però molto tortuosa ed è un divertimento sia nei rilanci in salita, che nella guida in discesa. Nessun fuorisoglia per nessuno: solo il Fabione stenta qualcosina in cima e, dopo esser arrivato in cima ultimo nel gruppo, si offre spontaneamente di pagare il giro di caffé e cappuccini. "Grazie Fabio e a buon rendere: la prossima volta ci diamo dentro il doppio tanto di farti arrivare ultimo"!
Al baretto su a Navazzo la quantità di bici parcheggiate è impressionante. Il tempo di guardare anche qualche bici da freeride ed i loro ciclisti bardati come dei motocrossisti, con un livello di protezioni adeguato all'uso.
Si torna giù per la stessa strada che abbiamo pedalato in salita, perché la discesa dall'altra parte ci porta in Valvestino e quindi troppo fuori mano, mentre l'orologio invita a puntare celermente verso Salò e poi verso Desenzano.
Così il ritorno è un po' veloce e bisogna stare un po' più attenti alle automobili, più o meno diligenti, perché scegliamo per la parte finale del nostro tragitto la strada statale e solo un accenno di fuorisoglia ci scappa su per i tornanti di via Zette.
Si arriva così a Desenzano in scioltezza con un buon 90 km nelle gambe e acido lattico praticamente nullo, coi fratelli Bazzani e i guastallesi che si concedono una bella birra media seduti ai tavolini sul lungolago, magari ammirando anche qualche coscia slanciata in mostra in questo anticipo di primavera, mentre per me e per Paolo le lancette dell'orologio segnano il tempo e dobbiamo scappare verso la via di casa rispettivamente per altri impegni familiari e sportivi.
In conclusione: un ottimo giro tra amici con paesaggi collinari, che non hanno nulla da invidiare a quelli tra Lazise e Torri del Benaco, da ripetersi assolutamente più avanti nella primavera o nel corso dell'estate. L'idea di andarci in bici direttamente da Verona può essere ragionevole o irragionevole a seconda delle condizioni meteo e della disponibilità di tempo per i partecipanti, altrimenti non vedo grossi problemi ad andare e tornare fino a Desenzano con la macchina, come abbiamo fatto ieri io e Paolo.
Il buon Paolo mi ha fatto arrivare puntualmente la traccia GPS dell'ascesa lungo il Valon fatta in compagnia domenica scorsa, mentre Enrico era giù a San Giorgio al corso di sci.
La traccia di colore rosso è quella dell'ascesa, la quale, presa al polso del buon Paolo mostra un picco di VAM a 900 metri/ora (Velocità Ascensionale Media), valore assolutamente eccellente, considerata la scarsa resa meccanica delle ciaspole e soprattutto l'avanzamento faticoso nella neve cedevole.
La traccia azzurra è invece la discesa, la cui parte iniziale coincide con la parte finale della salita, alla ricerca degli occhiali perduti.
In giallo invece la proposta del Paolo per un'altra uscita, da farsi preferibilmente in condizioni meteo ideali o quasi ed avendo a disposizione almeno un paio di orette di tempo.
Oggi leggero cambio di programma per il sottoscritto. Alla fine non porto con me la MTB in quel di San Giorgio di Boscochiesanuova, dove accompagnavo mio figlio Enrico per la sua prima lezione di sci alpino coordinata dalla Scuola di Sci di Bosco, ma approfitto della "Domenica Sportiva" del Paolo Orlandi e sfrutto il comodato gratuito della sua seconda coppia di ciaspole.
D'ora in poi è meglio che io metta per suo conto un annuncio stabile per tutta la stagione invernale rivolto a tutte le signore e signorine che vogliono farsi accompagnare in alta quota dal Paolo, vista questa sua proverbiale e rara disponibilità a pedalare, sciare, camminare, ciacolare, ciaspolare e rimorchiare con qualsiasi mezzo sportivo e non. A tutte le aspiranti, ricordatevi però di tenere sempre Paolo occupato nella ciaccola, altrimenti vi fa andare presto fuori soglia, come è capitato oggi al sottoscritto, nel cercare di rimanere "a rua" prima di arrivare in cima...
Partendo dal vero inizio della mattina, dopo una nutriente colazione a base di cereali e marmellata, io ed Enrico partiamo da casa verso le 8.25 e ci imbattiamo sia nel Conte Savoia che sta risalendo la Valpantena per andare a prendere il treno della Lessinia alla prima fermata, cioè quella della gelateria Ciao di Grezzana, e solo un paio di minuti dopo incrociamo il locomotore dell'Eurostar Turnover che sta partendo proprio dal capolinea, in via Carrara.
Purtroppo la lunga colonna di macchine che sale verso le nevi della Lessinia, rallenta parecchio la nostra corsa ed il trasferimento richiede quasi 15 minuti in più del tempo che si può fare con la Puntopower, e così succede che alle 9.05 io ed Enrico entriamo nella baita della scuola di sci di Boscochiesanuova per le formalità dell'iscrizione al corso, il ricevimento dalla casacca del gruppo dei "primaneve". Così ci ritroviamo sulla strada il buon Paolo e ci muoviamo sopra l'hotel Valon per vedere di aggregare Enrico al suo gruppetto. Anzitutto "standing ovation" per la maestra di sci, la Giorgia, di cui il Paolo - e non solo Paolo - ha apprezzato molto quello che si riesce ad intuire al di sotto della sua azzurrissima tuta da sci.
Sdoganato Enrico al corso, alle 10.20 siamo praticamente liberi di indossare le ciaspole e di puntare diritti verso Cima Trappola lungo il Valon. Attivati tutti i dispositivi elettronici, satellitari e non, Forerunner, Polar, iPhone e tutto quel che volì, il Paolo fa come sempre il passo e, dopo un avvio all'altezza di qualsiasi neofita della ciaspola, decide di puntare alla cima per una delle vie più ripide, tanto è vero che ci troviamo in cima - non proprio la cima più alta, ma quella appena prima - già alle 11.10, dove documentiamo il tutto con parecchie fotografie. Purtroppo niente videoclip perché la videocamera non ne vuol saperne di accendersi, probabilmente per la batteria scarica non caricata alla sera prima.
Quasi in cima mi accorgo però non avere più i miei superocchiali Kayak, per cui non c'è altra scelta che scendere per la stessa via da cui siamo saliti e la fortuna vuole che, non la prima, ma la seconda coppia di ciaspoladori che incrociamo, hanno trovato i miei occhiali e stanno puntando diritti anche loro verso Cima Trappola, per metterli come cimelio di guerra. Li intercettiamo, mi faccio dare i preziosi occhiali, ringrazio per la botta di vita che ho avuto nel ritrovarli e continuiamo a rotolare verso valle a forza di salti nella neve alta, improvvisando anche qualche "siolata" con le ciaspole, dove cerchiamo di arrivare in anticipo per la fine delle due ore di lezione di Enrico. Arriviamo infatti qualche minuto prima e ci scappa qualche altra foto.
Enrico è uno dei più grandi al corso, ma segue diligentemente le istruzioni, e non dovrebbe avere grossi problemi tra qualche lezione ad essere sufficientemente autonomo anche per gitarelle con gli amici e con gli zii Martina e Francesco.
A quel punto non rimane che il terzo tempo: ci buttiamo dentro al bar della Posta di San Giorgio per un cappuccino e poi di corsa verso casa perché nel pomeriggio c'è anche il Carnevale di Grezzana. Ancora una volta grazie a Paolo, per aver fatto apprezzare la ciaspolada di giorno con condizioni sia meteo che di luce eccezionali e che hanno fatto sì che l'esperienza della ciaspolada sia davvero esuberante. La prossima volta ci buttiamo giù dal Trappola con gli sci da discesa?
E' sempre agli onori delle cronache il Compagno di Merende, aka Radu, dopo l'indimenticabile giro dei Berici, di cui ieri era lui l'indiscusso condottiero. Ieri, dopo aver radunato tutti al Bar Bareta alla Strà di Caldiero, ci ha portato sulle colline vicentine, pedalando tra Lonigo, Orgiano, Perarolo, Vicenza, Barbarano Vicentino. Un lunghissimo giro di circa 130 km - per il sottoscritto, con l'andata e ritorno da Quinto di Valpantena i chilometri sono esattamente 161,3 - ricchissimo di mangiaebevi, che mettono a dura prova la performance di tanti e che alla fine totalizzano qualcosa come 1000 metri di dislivello, a leggere le informazioni altimetriche del mio CS400.
Purtroppo oggi, nell'andare a provare il percorso MTB della gara di Locara, organizzata dai Ciclotazze ed in programma per domenica 21 febbraio, il Compagno scrive via SMS di "aver assaggiato la terra di Locara".
Per lui la diagnosi sembra essere un paio di lividi ed una botta al ginocchio, pertanto non mi rimane altro che augurargli un "in bocca al lupo" ed una pronta guarigione per domenica 28 febbraio, quando debutteremo tutti in quel della Airon Bike 2010.
Da segnalare un weekend infausto anche per un altro membro del Pappataso Fans Club, cioè il Giando, che ieri, per cercare di evitare un pedone in fase di attraversamento a Bussolengo, viene messo a terra da un automobilista, molto abile a ciccare i ciclisti.
Per il Giando le cose sembrano un pelino più serie, con una lussazione del polso della mano. Anche per il Giando speriamo in una rapidissima guarigione sempre per la Airon Bike, anche per lui gara del debutto della stagione 2010.
Dopo il solito tamtam del venerdì tra sms e e-mail - in ufficio dovrò silenziare il mio Nokia - mi sono trovato solo, proprio come un lupo solitario.
Infatti non ho ceduto ai canti (lamentosi) dei sireni del PFC e ho mantenuto fede al mio programma definito ancora la settimana scorsa, ovvero: consegna della mia verdona per il tagliando pre Airon Bike e ritiro di una Niner One 9 rigida. Ebbene si, avete letto bene, ho avuto in comodato d'uso una single speed di cortesia fino al ritiro, previsto per sabato 20 feb., della mia verdona. 8,30 partenza dala Palazzo Conteale baciato dal sole, ma con temperatura inferiore allo "zero" e, visto che sarebbe stata un'uscita in solitario, ho pensato bene di andare a SMBA affrontando il più possibile sterrati e scollinando, anche per evitare il muro di nebbia che nascondeva la città di Giulietta e Romeo.
Pertanto ho percorso il primo trattato del circuito conteale serale che per tutto quest'inverno io e Paolo abbiamo percorso almeno una volta alla settimana: Sezano, S.Maria in Stelle, Vendri, Casa Rosa. Allo scollinamento si vedeva netto il confine tra la zona d'ombra della nebbia sottostante e il sole magnifico in quota e lì sinceramente, lo confesso, ho goduto al pensiero di aver evitato il trasferimento fino ai Monte Berici di chi so io, eheheh.
Dopo essere risbucato sull'asfalto mi sono sparato in discesa il Piloton fino al Castello e poi giù alla Rotonda di Montorio. Ho proseguito, tra le nebbia, nel percorso sterrato tra i canali delle Ferrazze e finalmente sono arrivato dal Dux per consegna verdona e ritiro della single-speed.
Dopo uno scambio veloce di pareri/consigli il Dux mi ha consegnato una bella Air One 9 con forcella carbon Campa Bros, manubrio rise da 71 cm. e un 30x18. La cosa strana che noti subito è l'assenza dei comandi sul manubrio e dei deragliatori anteriore e posteriore.
Parto bello baldanzoso e subito mi sembra di pedalare a vuoto, meno male che non ho il contapedalate, ma, a sensazione, mi sembrava di frullare ad oltre 130 rpm. passato lo sgomento iniziale comincio un pò ad abituarmi anche se alla salita verso il Monte dei Santi istintivamente cercavo di cambiare, ma non trovavo i comandi!!!
ho scollinato allegramente anche se nel punto più duro il mio cervello continuava mandare impulsi strani del tipo. "casso aspetito a scalar qualche dente?"; "non sentito el cor che el scoppietta?... meno male che non avevo il cardio.
Comunque, ho potuto apprezzare il manubrio più largo nella discesa del Monte dei Santi che solo nel tratto iniziale era un pò paciugata visto che il sole stava già sciogliendo il ghiaccio.
Sono ritornato alla Rotonda di Montorio, sempre via Ferrazze, e lì ho avuto la prima idea malsana della giornata e mi sono detto:"metemo alla proa il 30x18 sulla salita dritta per arrivar su al Castello". L'ho fatta, ma l'ultimo tratto ripido avevo quasi il timore di dover mettere il piede a terra. Sono risalito dal Piloton e proseguito verso San Fidenzio fino al cancello. Fin qui ho gustato veramente la pedalata omogenea con questo unico rapporto a mia disposizione. Discesa fino a S.Maria in Stelle e, ovviamente, mi sono cronometrato sul Piccolo Stelvio, cercando però di mantenere sempre lo stesso ritmo medio/alto e ho scollinato in un buon 9'34" con riferimento la prima griglia a fianco della chiesa. Banana (meritata). Mentre mangiavo con gusto il frutto colto del cesto della mia cucina, ho lanciato l'ipotetica monetina per scegliere quale strada prendere. E qui mi sono lasciato convicere dal lato oscuro del mio cervello e ho girato a destra con l'intento di farmi il boschetto che ti riporta alla contrada "Terra di Stelle", dove c'è lo strapiombo per intendersi.
Già prima del boschetto ho incontrato la prima neve, però spingere il 30x18 su quel tratto tecnico, lo ammetto è veramente duro. Le gambe urlavano dallo sforzo, gli addominali pure nel loro lavoro di mantenere un equilibrio assai precario e proprio prima dello strampiombo ho dovuto arrendermi e mettere i piedi per terra. Testardo ho cercato di rimettermi sui pedali, ma bastava un pò di neve o uno scalino in più per dover scendere nuovamente alla MTB. Comunque, sono riuscito a risalire in sella in un punto favorevole e sono arrivato alla contrada. Lì ha capito che quel tipo di percorso non è propriamente adatto ad una single-speed.
Comunque ho proseguito fino alla Pesa di Romagnano, dove, saggiamente, ho pensato bene di evitare la salita dei Venti, molto innevata, e sono sceso al cimitero di Romagnano e mi sono fatto le Saponette. qui il terreno era ancora ghiacciato e quindi il fondo aveva un bel grip e mi sono divertito moltissimo. Visto che ero già in zona ho imboccato la salita Cervellin con un buon passo e l'intenzione era quella di ritornare in valle scendendo dalla Lugo/Praole. Ma quando mi sono trovato sulla Provinciale e sentendo che "la gamba la tirava ben dal de drio", sono risalito fino al Monte S.Viola.
Qui lo spettacolo era mozzafiato. Neve, neve, neve!!!
Ho fatto un paio di foto alla single-speed piantata dentro la neve e poi sono ripartito verso Azzago.
Altro punto sfavorevole alla single-speed: le discese in asfalto. Lì si mulinano le gambe a vuoto... Visto che ero a Romagnano, mi sono guardato tra me e me e ho deciso di rifarmi le Saponette. Ancora sensazioni bellissime, anche se il terreno si era un pò allentato rispetto al primo passaggio, però la Air One9, che montava delle ottime Geax Saguaro 2,2, non ha avuto alcuna esitazione. Sono arrivato a casa, bello infangato, ma completamente soddisfatto della mia uscita alla lupo solitario. Concludo dicendo che sicuramente almeno una volta nella vita bisogna provare una single-speed, però la sconsiglio per i nostri abituali percorsi.
Di certo la si sfrutterebbe meglio in gare su sterrati vallonati. Se vedemo domani mattina sull'Eurostar della Lessinia delle h. 8.30. Un ultimo pensiero al Giando, vittima di un incidente fortunatamente lieve con il classico deficiente munito di quattroruote. A lui un grosso in Bocca al Lupo di pronta guarigione e, come da lui stesso ammesso e confermato, CASCO BEN ALLACCIATO!!!!!!!!!!!
Ecco come ho trovato stamattina PuntoPower parcheggiata giù nella via di casa mia: sotto una sottile coltre di neve!
Novità assoluta per il 2010 sulla Maximum Venus, cioè la MTB che uso a Padova per i trasferimenti veloci dalla stazione all'ufficio del mio cliente Concrete.
La mia "nuova" MTB, di provenienza Eurospin e scartata da mio papà perché non se la sentiva davvero di andare via con una bici del genere, è stata opportunamente equipaggiata di parafanghi, per proteggere gli abiti non proprio agonistici con cui vado in ufficio, anche se vado sempre vestito "casual".
Altra chicca sono i catarifrangenti sui raggi, per fare in modo che mi vedano in qualche modo le altre vetture, soprattutto nelle ore notturne o crepuscolari.
La novità dell'anno 2010 è il cambio rotante automatico, a cui sono molto affezionato sulla Scale. Ineccepibile la qualità dei manettini rotanti, che, dotati di un chip elettronico altamente sofisticato, sono in grado di cambiare automaticamente marcia, ogni volta che si presenta la necessità di farlo.
Succede infatti che quando mi alzo in piedi per fare lo scattino, il cambio automatico pensa tutto lui a buttare giù un dente o anche due e ne beneficia subito il movimento atletico, con la bici che schizza davanti a tutte le altre, appena il semaforo è diventato verde.
O che il chip elettronico sia comandato dalle buche sulla strada, perché cambia anche ogni volta che prendo una buca? Booh... l'è proprio una "bici del supermercato", 'na baracca!
Dopo un chilometro, se non metto una marcia più corta, mi ritrovo sempre a pedalare col 46/11. L'importante è comunque che assolva alla funzione di portarmi in ufficio e, rispetto alla Graziella Grandis, ho fatto davvero un passo in avanti!
Paolo GPS, preciso come un orologio svizzero, qualche giorno fa mi ha mandato la traccia GPS della ciaspolada fatta martedì scorso.
Lasciata la PuntoPower al Passo Branchetto, il giro ci ha visto salire verso Monte Tomba lungo una direttrice abbastanza veloce, mentre la discesa ha richiesto una camminata in contropendenza e contropelo del vento in quota, che spazzava via la neve a -9°C.
Vi lascio alla vista ricostruita da Google Earth del giretto fatto sulle ciaspole con Paolo ed Elisa.
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