Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Dopo esser stato pizzicato dal Conte Savoia per non aver ancora pubblicato la news sull'imminente notturna in programma per il 29 settembre ed organizzata, appunto, da Fabio Savoia, aka il Conte, eccomi anch'io a pubblicare la locandina sul mio blog.
L'ho ricevuta in e-mail da altri amici ciclisti veronesi ed ho il piacere di diffonderla al più presto, prima che ci faccia le spese qualcun'altro.
Volevo comunicarti che da alcuni giorni (e la cosa andrà avanti almeno per 5-6 mesi), sulla strada Porcilana all'altezza di Caldierino, c'è un restringimento di carreggiata per i lavori di esecuzione dello svincolo che la collegherà alla frazione stessa.
Per il bene di noi ciclisti (!!) hanno messo il cartello di divieto di transito alle biciclette, sia per chi và in direzione Verona sia per chi và in direzione Vicenza. L'alternativa è di passare quindi dalla Statale 11.
Mercoledì scorso c'erano i vigili appostati sia sulla rotonda di Gombion sia sulla rotonda del Progno, con tanto di radiolina per comunicare tra di loro.
Dall'atteggiamento, (lo presumo perchè non mi sono fermato) credo che aspettassero i ciclisti nel "cul de sac"...
Comunque sia, è forse il caso di farla girare.
Qui in Sardegna stamattina son stato svegliato da un acquazzone poco
prima delle 6.00, che da subito è sembrato mettere in discussione l'uscita programmata con Rossano. Così mi son girato e riaddormentato un altro po', poi al suono della sveglia delle 7, ho fatto un po' di fatica ad alzarmi e mi son accordato via SMS con Rossano per un'uscita di un paio di ore. Nessuna colazione particolare, se non una brioscina confezionata e borraccia dimenticata sulla tavola in soggiorno...
Il mio rapido trasferimento verso il centro del paese è però accolto da una lieve pioggerella e all'incontro dei Rubinetti, Rossano si fa vivo via telefono per sapere sul da farsi. Senza indugi siamo partiti da Villasimius che piovigginava ancora, ma non abbiamo desistito verso la meta in programma.
Dopo un trasferimento "contro i mulini a vento" sull'asfalto della provinciale verso Castiadas, scalata al Monte Minnimini a quota 720 metri sul livello del mare lungo una sterrata abbastanza ripida nel bosco, ma protetta da una fitta vegetazione, che tiene lontano il vento e ci consente di salire rapidamente. In quota c'erano nuvoloni neri, raffiche di vento ai 60 km/h, tant'è che nel fare il cementone al 30% finale un colpo di vento mi ha pure impennato la bici per un momento.
Scorsa la guardia forestale che fa da vedetta antincendio nella sua torretta di avvistamento, ci siamo lasciare andare molto cautamente in discesa su una pietraia di almeno 4-5 km, che verso la fine si è trasformata in una larga carrareccia molto guidabile e divertente.
Oggi il mio cuore non ne voleva sapere di salire ed ho pure pagato
parecchie penalità, mettendo il piede a terra ripetutamente, più o
meno come il Papataso in compagnia del professor Giorgio nella discesa del Boarol. Al contrario Rossano saliva sulla pietraia al 25% come se fosse stato asfalto ed io dietro ad arrancare, poco per colpa del Racing Ralph a 2,5 atm e molto per colpa dello scarso manico del conducente. La temperatura, anche a quota 700 metri, era sempre molto gradevole, al contrario di Alcenago e dintorni, dove mi dicono esserci un "fredo beco".
Alla fine della fiera circa 850 metri di dislivello e 33 km a ritmo medio, senza particolari escursioni fuorisoglia.
Appena tornato a casa, doccetta e ricca colazione. Adesso aspettiamo che si apra il cielo per andare in spiaggia.
Stamattina situazione abbastanza ventosa, cielo leggermente coperto e mare increspato qui a Villasimius. La truppa familiare decide per una passeggiata automobilistica nell'entroterra alla caccia di qualche fattoria dove trovare qualche pezzo di pecorino DOC, mentre il gruppo dei biker - Marcante junior e senior - optano per un giretto prevalentemente offroad verso Capo Carbonara.
In tutti questi giorni ci siamo andati sempre molto vicini, senza mai raggiungerlo, così oggi ci siamo decisi di tentare di arrivare nel promontorio più a sudest dell'isola sarda. Il duo equipaggiato di Scott anzitutto va a fare una capatina al porto turistico di Villasimius, dove non ci sono yacht oltre i 25 metri, ma il patrimonio mobiliare con la chiglia in acqua è da tanti zeri anticipati dalla cifra che volete voi. Gommoni da ben oltre 100.000 euro, catamarani battenti bandiera inglese, barche a vela, piccoli yacht da 2-3 piani, insomma, tutte proprietà di gente che non ha problemi ad arrivare a fine mese.
Nel porto incontrati anche un bel Porsche 2009 coi dischi baffati e forati, ottimo per spostamenti veloci dal porto verso Villasimius e l'entroterra del Sarrabus ed un bell'X5 con tanto di rimorchio in fase di caricamento della barchetta di proprietà. Io ed Enrico ci guardiamo in sella alle nostre Scale, giriamo i manubri e procediamo con la nostra pedalatina mattutina, dopo aver fatto rotolare le nostre ruote grasse sul molo di legno.
Appena percorso l'ampio curvone che ci indirizza dal porto turistico verso Capo Carbonara, abbandoniamo subito la retta via e ci imbattiamo in un bel sterratino sabbioso, dove scorgiamo una coppia di ciclisti tedeschi con ruote relativamente strette e borsoni da viaggio. Poco dopo scopriamo che le gomme da un pollice non sono proprio l'ideale per questo tipo di fondo, dove basta una pioggia neanche tanto abbondante per creare canaloni e rivoli che solo le ruote grasse riescono a superare agilmente. E' infatti caratteristica dell'intera zona quella di essere costituita da montagne e pendii quasi esclusivamente di granito, dove di fatto l'acqua delle precipitazioni non riesce a penetrare e non può fare altro che scorrere rovinosamente in superficie verso valle e verso il mare. Ovunque sabbia più o meno grossa sulle sterrate più battute, dove bisogna prestare un po' di attenzione per non perdere il controllo in discesa, mentre bisogna mantenere molta calma e compostezza in fase di risalita.
Enrico però non si scompone e sta acquisendo una tecnica assolutamente da manuale, roba da cominciare a fare invidia a più di qualche escursionista. Ormai riesce a seguirmi anche nei singoli track non particolarmente insidiosi e dove la pendenza non arriva in doppia cifra come pendenza.
Dopo la striscia di asfalto che termina il transito per gli autoveicoli e si trasforma in strada asfaltata che porta all'area militare dove è vietato l'accesso, a noi non rimane che scendere dolcemente verso la punta più a sud di Capo Carbonara, dove incontriamo un po' di gente a piedi che scende ed anche una coppia di motociclisti tedeschi a bordo delle loro Africa Twin. In meno di un chilometro arriviamo in fondo e, nonostante il vento che spira a 40 km/h, riusciamo ad appoggiare le nostre Scalette ad un blocco di granito e ci scattiamo quattro foto, come fanno i biker più orgogliosi.
Il ritorno lungo un sentiero diverso dalla carrareccia ci porta ad uno sperone di roccia a picco sul mare, molto bello, ma cieco e non possiamo fare altro che tornare sulle nostre peste per riprendere la strada vecchia, come dice il proverbio.
Il ritorno veloce verso la nostra frazione di Is Traias è questione di alcuni minuti, dove ci aspettano dei gnocchetti sardi al pesto genovese: l'accostamento è leggermente forzato, ma noi gradiamo molto e ricarichiamo le pile per la prossima escursione.
Dopo queste escursioni in posti ameni, per non dire altro, mi sta sempre più balenando l'idea di comprarmi la sacca per la bici e cominciare a pensare a qualche viaggetto esotico all'estero, magari in inverno, quando Valpantena, Vaio di Squaranto e Val di Mezzane riservano tanta bruma e freddo. Chi mi ama, mi segua. Alla prossima.
Ieri alle ore 17.15 nuovo appuntamento con Paolo e Rossano per affrontare un'altra salita tipica di Villasimius in MTB, la salita dei Tabelloni. Fino a quando non sono arrivato in cima non riuscivo a spiegarmi del perché dei Tabelloni, visto che dal basso di tabelloni se ne vede uno solo, ma una volta in cima c'è anche il secondo. A cosa servono 'sti tabelloni? Sono dei normalissimi tabelloni metallici, che fungono da ripetitori di segnali radio, probabilmente per la telefonia fissa e mobile.
Nel cominciare la salita scorgiamo subito i "danni" fatti dal temporale della notte scorsa, ma nonostante quello, si riesce a salire agevolmente spaziando dal 32/18 fino al 32/32. Solo Rossano rimane a volte indietro, perché si è ripromesso di fare tutta la salita in soglia e quindi ci troviamo quasi in cima ad aspettare un minutino o due per il suo ricongiugimento. Le condizioni dell'aria, rispetto all'uscita di mercoledì, sono leggermente più umide, ma mano a mano che si sale, l'impressione è che qualcuno abbia acceso l'aria condizionata...
Alla prima sbarra diamo un'occhiata ad una cava dismessa di granito e poi ci aspetta un bel single track a limite della praticabilità, dove i miei compagni di viaggio sfoggiano una certa abilità a non perdere mai trazione con la ruota posteriore, nonostante il fondo granitico sia ricoperto di pietre e tanta sabbia erosa dalle rocce.
Solo un breve spunto per il sottoscritto ormai arrivati in cima a quota 520 metri sul livello del mare, in prossimità del primo dei due tabelloni, e un fuorisoglia, tanto per vedere se la reazione cardiovascolare è sempre all'altezza della situazione.
Da cinquecento metri di altitudine, l'impressione visiva è sbalorditiva: natura selvaggia ed abbastanza arsa ovunque; sullo sfondo invce il Mar Tirreno e tutto il promontorio di Simius e di Capo Carbonara, mentre sull'entro terra il capoluogo del Sarrabus, ossia la città di Villasimius. Scattata qualche altra foto col telefono e poi giù in discesa per la stessa strada da cui siamo saliti.
Solo un pezzo di costringe a sganciare il piede per un colpo, ma poi i tornanti della salita dei Tabelloni, scorrono talmente velocemente e con una brezza delicata, che ti verrebbe voglia subito di salire di nuovo. Non c'è però tempo: c'è da farsi una doccia veloce perché ci aspetta il porceddu al ristorante...
Per me oggi prima grande uscita con Paolo e Rossano, due biker locali che
hanno accolto volentieri il mio invito a farmi accompagnare in giro
per i loro posti.
Se Paolo non è proprio di Villasimius, ma ci passa moltissimi giorni
dell'anno, nel caso di Rossano abbiamo a che fare con un "carbonaro" DOC.
Non nascondono da subito il loro desiderio di farmi assaggiare subito
un po' di entroterra cagliaritano ed io non mi faccio per nulla
intimorire da quello che può arrivare.
Dopo i saluti iniziali alle Fontanelle di Villasimius, punto di
ritrovo per la combriccola ristretta della cittadina, subito un po' di
giri pianeggianti per confondere le idee e soprattutto per parlare di
gare, clima e bici.
Sulla prima salita si comincia già a vedere il battito salire, nella
stessa maniera con cui sale l'altitudine e la suggestione del paesaggio.
In questo periodo del'anno la Sardegna è praticamente arsa, solo
pietre, arbusti e siepi capaci di resistere ad un decennio di siccità,
ma le tracce delle mulattiere e delle strade sterrate che portano in
alto son ben definite, nonostante la quantità di pietre, più o meno
appuntite e smosse che si trovano sul fondo.
Quando si vede Villasimius giù nella vallata e poco dietro il Mar
Tirreno, lo spettacolo è a dir poco fantastico. Non esito a fermarmi e
a scattare foto col telefono sia al panorama che ai miei due compagni
di avventura.
Il ritmo in salita è appropriato per le mie capacità e la mia Scale
mi consente di svincolarmi agevolmente su tutte le rampette
affrontate, mentre sia la Gary Fisher di Paolo che la Trek di Rossano
pesano qualcosina di più, ma son perfette per le loro discese, dove un
po' più d'inerzia di rotolamento non guasta proprio lungo le pietraie
fatte anche ai 50 km/h.
Seguo fedelmente le traiettorie di Rossano, visto che comunque il Nobby
Nic sull'anteriore a 1,7 atm è una garanzia in termini di sicurezza e
stabilità.
Nei pezzi interlocutori Paolo e Rossano mi raccontano di prezzi, di
turisti, di scarso interesse per la MTB, nonostante un paesaggio
praticamente su misura per la mountain bike.
Anche il tempo di superare qualche linea frangifuoco, per me novità
assoluta, dove il terreno è battuto e si fa ondeggiare di gusto la
forcella.
E come fare ad aprire un fico d'india? Anche questo segreto mi viene
dischiuso prima di arrivare sopra a Castiadas.
Spettacolare discesa finale verso l'Oleandro e Punta Molentis, non
dopo aver fatto un tratto di puro XC, intervallato sempre da qualche
discesa molto pietrosa.
Confesso che la paura più grande che avevo durante il giro, era quella
di forare, invece le pietre appuntite ed i graniti della zona mi hanno
risparmiato per questo primo giro con loro.
Invece la parte finale è caratterizzato da un'ulteriore possibilità
di scattare amene foto ad una natura selvaggia, dove l'uomo si è
limitato a disegnare qua e là qualche carrareccia, si e no per qualche
jeep di servizio e per la mountain bike!
Tutto il territorio che abbiamo attraversato è proprietà demaniale,
sotto il controllo delle guardie forestali; si trovano spesso cancelli
chiusi a chiave, ma lo scavalcamento non rappresenta mai un problema e
il loro superamento offre la possibilità di altri chilometri e
chilometri di sterrati incontaminati sia dalle moto che le auto.
Altra cosa spettacolare è clima: sono le sei del pomeriggio, c'è una
brezzolina di cui non conosco la direzione o il nome, ma l'umidità è
bassissima rispetto a quella a cui son abituato ed in discesa a 24
gradi c'è un fresco piacevolissimo.
Completiamo il giro visitando il porto turistico di Villasimius, dove
è parcheggiato uno yacht da 35 metri tutto nero e misterioso, nuovo di
trinca, di chissà quale magnate paneuropeo. Vedremo se nei prossimi
giorni verrĆ” rivelato l'arcano.
Alla fine del giro metto via 46 km in poco meno di due ore e mezza e
pochissimo asfalto: si, perché qui l'asfalto per fortuna bisogna
andarselo a cercare...
La traccia GPS ve la metto a disposizione qui, così ve la potete
gustare ed io la posso ripercorrere anche in senso opposto nei
prossimi giorni.
Che sia finito per sbaglio nel paradiso della mountain bike e non c'è
neanche una mountain bike?
Ecco il percorso della Gimondi Bike, praticamente invariato nell'edizione 2010, rispetto all'edizione che ho corso io nel 2007.
Ho appena fatto un piccolo sforzetto, cioè quello di iscrivermi alla Gimondi Bike 2010, dove andrò a raccogliere l'ultima stellina Prestigio 2010, nonostante abbia già in saccoccia il brevetto.
A dirla tutta mi son iscritto assieme al Max Maga ed a lui, se tutto va per il verso giusto, quella della Gimondi Bike dovrebbe essere l'ultima stella mancante al suo Prestigio 2010, dopo aver già messo in saccoccia il Prestigio ed il Nobili nel 2009.
Per me la gara della Gimondi Bike non è una novità essendo già andato a correrla nel "lontano" 2007, quando son stato scortato dal team Rodella.
La Gimondi Bike è una gara corta, però relativamente nervosetta ed irta nell'ultima parte di gara, cioè quando si sale alla Madonna del Corno, dove in poco più di un chilometro si guadagnano almeno 200 metri di dislivello.
In tutta sincerità devo però verificare che il percorso 2010 assomigli o ricalchi quello che io ho provato e fatto nel 2007, ma per quello c'è tempo.
Effettivamente il dubbio a me era venuto ancora quasi due mesi fa, quando dopo tanto tam tam sui "Furti sulla Pissarota" postata sostanzialmente dai blog del Fix e dei Pezzo, non era seguito alcun articolo sui principali quotidiani provinciali.
Avevo provato a chiedere anche a qualche amico "sbirro" per vedere se la cosa aveva qualche riscontro tra le forze dell'ordine, ma anche tra di loro giravano solo voci e nessun fatto reale. E così era cominciata a girarmi l'idea che si trattasse effettivamente di bufala, visto che denunce non ce n'erano, bici sottratte non se ne conoscevano, nè i nomi delle persone derubate.
Nel dubbio più di qualcuno si era dato da fare nello scattare qualche foto al numero di telaio della propria bici di marca, non si sa mai che il numero di telaio possa essere utilizzato per recuperare l'eventuale mezzo sottratto da questa o quella banda di appassionati di bici costosissime.
Ecco che venerdì sul principale quotidiano provinciale L'Arena esce proprio un articolo non firmato, che riprende la questione e formalizza che si tratti a tutti gli effetti di una bufala vera e propria. Se volete leggere l'articolo, cliccate qui sulla foto a lato, dove ho riportato sostanzialmente la fonte, cioè l'articolo pubblicato su L'Arena venerdì 20 agosto 2010.
Possibile che si sia arrivati a tanto semplicemente col passaparola? Non è che col passaparola si sia materializzata la paura da parte di tanti ciclisti più o meno "pseudoprofessionisti" di vedere sparire da un momento all'altro il proprio supermezzo ultraleggero?
L'unico consiglio che io posso dare, dovendo al momento sospendere un giudizio definitivo sulla faccenda, è quello di evitare di fare la Pissarota da soli per più di un motivo. Il primo è quello che se volete fare il tempone sulla Pissarota, forse vale proprio la pena di farlo in compagnia: per tutta la prima parte fino al Confin, la pendenza non è accentuata e le trenate a 30 km/h e oltre sono sempre molto gradite.
Il secondo motivo, forse più tangibile, è che alla fine dello scorso inverno, nel vaio della Pissarota è stato intravisto anche l'orso Dino. Non è che che il nostro conterraneo Dino apprezzi molto di più le Pinarello, le Specialized, le Focus e le Scott al miele di acacia?
|