Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Tempo fa un articolo preso dall'Accademia della Crusca, ero andato a spulciare la regola della declinazione al plurale delle parole che finiscono per "-cia" o "-gia", come camicia e valigia. Oggi mi è capitato di scrivere una lettera ad un cliente della Concrete e mi è ritornato il dubbio sulla parola "striscia" declinata al plurale.
La regola diceva che se la sillaba "cia" o "gia" è preceduta da una vocale, al plurale rimane la vocale e cioè il plurale è "cie" o "gie", quindi "camicia" diventa "camicie", mentre "valigia" diventa "valigie".
Se invece la sillaba finale è preceduta da una consonante, al plurale la sillaba finale diventa "ce" o "ge", cioè "torcia" diventa "torce", mentre "orgia" diventa "orge".
Chiaro che c'è sempre il sottocaso, cioè l'eccezione che confema la regola. E' il caso delle parole che finiscono con "-scia", come fascia, angoscia o ascia. Dopo aver googlato un po', vi rimando pertanto ad una domanda seguita dalla relativa risposta sul sito della Treccani.
Qual è la corretta regola generale per la formazione del plurale di parole che terminino in -scia? Segue la stessa regola delle parole in -cia? Ci sono eccezioni al riguardo dovute all'evoluzione della lingua italiana?
La regola è molto semplice: i nomi femminili che escono in –scia al singolare, al plurale escono in –sce. Perciò avremo: angoscia/angosce, ascia/asce, biscia/bisce, coscia/cosce, fascia/fasce, striscia/strisce, ecc. Nel caso che la i sia tonica, cioè accentata (scìa), nel plurale la i tonica verrà mantenuta (scie).
La progettazione del traduttore italiano-dialetto veronese é di per sè niente di particolare, se ci si dovesse limitare alla corrispondenza biunivoca tra il termine in italiano e l'equivalente in dialetto. Il problema è che si vorrebbe fare qualcosa di più della semplice corrispondenza biunivoca, nella stessa maniera im cui sono organizzati i dizionari che leggiamo tutti i giorni. Insomma esiste invece un altro tipo di relazione tra le parole di un dizionari, cioè l'accoppiamento tra due termini, uno in una lingua e l'altro nell'altra lingua, che condividono lo stesso significato. Spesso di questo accoppiamento il dizionario facilita la comprensione, tramite una o più frasi esemplificative o ricorrendo all'individuazione di una opportuna categoria o terminologia specialistica.
Visto che stiamo affrontando il problema in maniera rigorosa, tanto vale risolverlo con una soluzione elegante, che non precluda eventuali sviluppi futuri.
Esempio
accoppiamento: radice-raisa categoria: agricoltura significato: un tipo di ortaggio che si sviluppa sotto terra esempio in lingua A: oggi ho mangiato le radici esempio in lingua B: ancò ò magnà le raise consè con l'oio
accoppiamento: radice-raisa categoria: matematica significato: operazione matematica
accoppiamento: radice-raisa categoria: generale significato: base di un qualsiasi oggetto impiantato per terra esempio in lingua A: estirpare il problema alla radice esempio in lingua B: me sa cavà le raise dei peli
Come si può notare, l'analisi dei dati richiede un po' di accortezza nell'organizzazione del database. La cosa merita un approfondimento ulteriore da effettuarsi nei prossimi giorni. Successivamente passeremo allo sviluppo del database e delle relative pagine di gestione, sia il front-end sul sito che il back-end per coloro che effettueranno l'inserimento e la manutenzione dei termini.
Ovviamente la cosa è molto elevata dal punto di vista teorico. L''implementazione, al contrario, sarà molto più terra-terra, cioè più semplice e immediata di quel che si creda.
Comunque l''idea del progetto di un dizionario traduttore italiano-veronese online mi intriga molto, soprattutto se siamo i primi a farlo. Se lo facciamo bene, saremo noi a dettare lo standard e più avanti potremo addirittura stamparlo.
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