Tempo fa un articolo preso dall'Accademia della Crusca, ero andato a spulciare la regola della declinazione al plurale delle parole che finiscono per "-cia" o "-gia", come camicia e valigia. Oggi mi è capitato di scrivere una lettera ad un cliente della Concrete e mi è ritornato il dubbio sulla parola "striscia" declinata al plurale.
La regola diceva che se la sillaba "cia" o "gia" è preceduta da una vocale, al plurale rimane la vocale e cioè il plurale è "cie" o "gie", quindi "camicia" diventa "camicie", mentre "valigia" diventa "valigie".
Se invece la sillaba finale è preceduta da una consonante, al plurale la sillaba finale diventa "ce" o "ge", cioè "torcia" diventa "torce", mentre "orgia" diventa "orge".
Chiaro che c'è sempre il sottocaso, cioè l'eccezione che confema la regola. E' il caso delle parole che finiscono con "-scia", come fascia, angoscia o ascia. Dopo aver googlato un po', vi rimando pertanto ad una domanda seguita dalla relativa risposta sul sito della Treccani.
Qual è la corretta regola generale per la formazione del plurale di parole che terminino in -scia? Segue la stessa regola delle parole in -cia? Ci sono eccezioni al riguardo dovute all'evoluzione della lingua italiana?
La regola è molto semplice: i nomi femminili che escono in –scia al singolare, al plurale escono in –sce. Perciò avremo: angoscia/angosce, ascia/asce, biscia/bisce, coscia/cosce, fascia/fasce, striscia/strisce, ecc. Nel caso che la i sia tonica, cioè accentata (scìa), nel plurale la i tonica verrà mantenuta (scie).
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