Di Marco Tenuti (del 02/05/2008 @ 18:30:14, in MTB, linkato 1485 volte)
Mica tanto a piombo per l'orario della sveglia, oggi io e il Radu siamo andati a provare la Marathon della Conca d'Oro, visto che entrambi non l'abbiamo mai fatta e non è certo il caso di prendere sotto gamba certe gare. L'appuntamento è alle 6.30 a Verona Est, dove carichiamo l'ammiraglia e ci avviamo verso la Valsabbia.
Appena giunti a Odolo, la temperatura dell'aria non è delle migliori, ma il sole promette bene e optiamo per l'abbigliamento estivo con manicotti, tanto per tenere via la bruma... Il sottoscritto decide che, invece di spendere un sacco di euri di carbonio e leghe leggere, forse è il caso di alleggerire alla grande il mezzo in un altro modo...
Dopo i primi chilometri di falso piano su asfalto, ci avviamo sulla prima salitella del Marathon, che ci sorprende subito per difficoltà, sia per la pendenza, ma soprattutto per il fondo decisamente mosso: se la comissia subito cosita, come gheto in mente che el sia el resto? Non ci resta che stringere i denti e tirare avanti. E' però un'infinità di divertenti single track a farci cambiare subito idea sulla qualità della gara... Il sottobosco è però estremamente sporco e qua e là è tutto un insieme di rigagnoli che portano acqua a valle e le nostre splendide bici si imbrattano di fango dopo i primi chilometri.
E' il passaggio a fianco del Chiese, roba da padellone, a far entusiasmare il Radu, che si mette subito a menare il 44 e a darci dentro. La foto di rito ci scappa, per la gioia del Pezzo e compagnia. Arrivati a Sabbio Chiese, sbagliamo per qualche centinaio di metri a seguire le insegne della gara, ma ci imbattiamo nel barbiere del paese, il quale ci invita ad entrare in negozio e comincia a raccontarci di gran fondo, atleti dilettanti e non, del fatto che anche lui fa parte dell'organizzazione della gara. Ci mostra le magliette affisse in vetrina e a momenti si mette a fare barba, capelli e ceretta al Radu, che invesse el comissia a tontonar perché lui vuol fare strada.
Ci congediamo dal barbiere e torniamo sui nostri passi. Superiamo il paese di Piazza, dove comincia di fatto il percorso permanente della MTB Conca d'Oro e ci lasciamo presto alle spalle il cartello del santuario della Madonna del Visello - e chi l'ha visto il santuario? - così come il paese di Gazzane.
I brividi però arrivano per la coppia imperterrita poco prima dell'abitato di Bione, dove la potenza del Radu segna la morte prematura della sua sella, di soli 4 mesi: "Gliele canto io a Tagliaro oggi pomeriggio! Mi trovato bene con 'sta sella, ma si vede che è troppo fragile per il mio vigore". Scoraggiati un attimo per temere di dover abbandonare anticipatamente l'impresa, il Radu sentenzia imperiosamente:Â "Io il Bertone lo voglio vedere!". Il sottoscritto non può fare altro che assecondarlo e giù un altro dente.
Le emozioni però non finiscono quando il Radu urla a gran voce: "Occhio occhio!". Io stavo macinando il mio passettino col 32-28 e mi chiedo cos'abbia il Radu da gridare e mi accorgo tutto ad un tratto dell'enorme biscia che mi sta attraversando davanti. Non mi rimane altro che passarci sopra! A vista guardo il rettile - el me pareva un angio - e i tiri che el fa e, nonostante il peso dei miei tubeless, vedo che non si erge verso le mie gambe, ma che più o meno indenne riesce ad attraversare la mulattiera ed io farla franca. Era la prima volta che mi succedeva una cosa del genere!Â
Dopo aver portato fuori anche questo rischio, arriviamo al cimitero di Bione, dove un manipolo di ciclisti del gruppo sportivo di Soprazzocco arrancano alla pendenza della strada. Li salutiamo e loro ci rispondono con un "Ciao, gnari". Noi mentalmente controbattiamo con un lombardo "Figa!" e amici come prima.
Da Bione proseguiamo la nostra ascesa e poi giù di nuovo ad Agnosine, dove entriamo in centro storico per concederci una piccola pausa. Alla vista del primo bar, appoggiamo le bici e mettiamo il naso dentro per la pausa caffé. Subito io e lo Zumerle ci guardiamo più o meno attoniti e col colpo d'occhio ci lusinghiamo per la scelta casuale del bar, dove le sorelle sono a detta del mio compagno entrambe all'altezza del compito, mentre io dissento fortemente, parché quella alle macchinette del Lotto la me parea un toco piassé figa. Il Radu intanto para giù una bustina di zucchero scìeta, tipo ciucciotto, e quando usciamo il campanile suona mezzogiorno, solo ci manca ancora il Bertone...
L'ascesa sullo sterrato molto smosso, ma non troppo ripido, ci fa arrivare abbastanza presto alla frazione di Casale e poco sopra è la volta di mettere il padellino per la salita del Bertone. Il cartello con le indicazioni di pendenza media, pendenza massima e distanza ci invitano a far partire il cronometro. Andiamo su con un ritmo assolutamente turistico, considerata la missione di ricognizione e teniamo sotto controllo il battito. Il Bertone da questo lato si può tradurre in due pezzi cementati ripidi, in cui bisogna stare coricati avanti, senza però perdere il carico sulla ruota posteriore. Arriviamo in cima abbastanza rapidamente e il Radu mi informa che la nostra ascesa è durata poco più di 11 minuti.
La discesa dall'altro lato del Bertone è velocissima e ci imbattiamo in una gentil donzella in fuseaux - par ci no capisse l'era in fusò - che ci vede e ci chiede subito dove stiamo andando di bello. Con la scusa di annusare la puzza di freni delle nuove pastiglie dal Radu, lo invito a sostare: l'amica, tutta lusingata, vuol sapere del più e del meno e ci chiede se vogliamo entrare dentro in casa, gnanca ghe fusse pronte le papparele. Il Radu mi guarda, io acconsento e la visitina è concessa. A me viene in mente che sono sposato, pertanto mi limito a farmi riempire la borraccia e cerchiamo di congedarci. La pulzella lombarda lancia l'ultima frecciatina con un "Che gambe muscolose che avete!". Non sappiamo più come fare a svincolarci: torniamo in sella - il Radu con qualche difficoltà vista la sella malconcia - e diamo due pedalate al padellone e via...
Poco sotto ci fermiamo nuovamente nella contrada per altre foto di rito. Da lì in poi crediamo che la musica sia finita, visto che il Bertone è andato e pensiamo tra di noi che le fatiche siano finite, ma i 10 km che mancano ad Odolo, non sono certo tutta discesa. Ci sono una quantità di denti e falsopiani, che ci mollano delle rasoiate sulle gambe, di cui faremmo bene evitare, ma ci tocca e quindi avanti tutta. Il Radu ogni tanto riprende tono e vigore e si mette a menare di gusto e io non mi faccio certo pregare di stargli dietro. Ad un certo punto ci imbattiamo nel gruppo di Soprazzocco, che ha pensato di tagliare il pezzo del Bertone, perché a detta loro "non piace". Noi sorridiamo, capiamo e allunghiamo...
Appena superata la coppia davanti al gruppo, mi concedo una caduta nel fango più viscido, ma come un bambino mi alzo e cerco di riprendere subito la scia del Radu. Da lì in poi l'arrivo ad Odolo è una spadellata in salita su asfalto per un chilometro o due e l'arrivo al parcheggio conclude la nostra scampagnata.
Qualche lieve differenza tra le distanze segnate dai nostri ciclocomputer, ci dicono comunque di aver fatto 60 km, circa 1800 metri di dislivello e che i nostri cuoricini - il mio e quello del Radu - battono assieme all'unisono, nel senso di frequenze cardiache massime, ma anche le frequenze segnate su parecchie salite!
Una doccetta fatta con la tanichetta consente di metterci in strada in condizioni decenti e all'Autogrill devo fare le mie per convincere il socio a prendere il Menù Perfetto e lasciar perdere le sue tentazioni di gola, con varie cioccolate, biscottini ed ememens. Immagino che a quest'ora abbia però ormai fatto fuori il bussolotto di yogurt da 1 litro dell'Eurospin...
A me non rimane altro che andarmi a fare una tartina alla senape, perché la maionese sarebbe anche più buona, ma son troppe calorie...
Di Marco Tenuti (del 15/05/2008 @ 10:41:53, in MTB, linkato 1814 volte)
Visto che ormai sono in corsa per il circuito benacense del Garda Challenge, domenica sono andato a fare la Conca d'Oro in versione marathon, cioè una garetta da 60 km e quasi 1800 metri di dislivello, mica bazzeccole, ma chi segue questo blog, ha visto sicuramente che non mi sono lasciato prendere alla sprovvista, tanto è vero che una settimana prima sono andato a provarlo assieme al compagno di merende Radu.
L'appuntamento di domenica mattina è al casello, dove mi attendono sia il Radu che il Pezzo, più che mai "carico" per l'occasione. Dopo aver raggiunto la cittadina di Odolo ed esserci riscaldati a dovere, io e il Radu decidiamo di fare la gara assolutamente uno vicino all'altro, in modo da darci manforte e cercando di ciucciarci l'un l'altro la ruota, quando ce ne fosse bisogno. E così, mentre il Pezzo, si invola subito dalla griglia grazie ad un invidiabile posizionamento - penso che la fettuccia della griglia fosse più dietro che davanti alla sua Focus - noi partiamo decisamente più indietro, ben consci delle nostre modeste velleità, badando insomma, come al solito, ad arrivare in fondo. Peccato che dopo i primi chilometri di asfalto, l'ingorgo fosse assolutamente fuori dal comune, con i vari concorrenti delle griglie precedenti ancora accodati nel salire la prima strettoia su sterrato davvero ai limiti della praticabilità, anche durante le nostre ricognizioni.
L'esperienza degli organizzatori della gara bresciana questa volta lascia molto con l'amaro in bocca, sia per questa scelta di mettere una strettoia così presto lungo il percorso di gara - siamo sempre più abituati ad episodi del genere, visto che il numero dei partecipanti cresce di anno in anno - ma quello che è ancor più riprovevole è la discutibile scelta di discriminare atleti con tesserino FCI e quelli di altri enti. Ora mi sembra abbastanza chiaro che tutti i professionisti della MTB italiana sono iscritti FCI e partono comunque davanti, solo che viene meno il criterio che chi prima si iscrive, più avanti parte in griglia.
La prima parte di gara comunque se ne va abbastanza presto, con la sola eccitazione di perdere quasi la borraccia e dovermi fermare per recuperarla. Le mie sfuriate sul piano e sui falsipiani a fianco del letto del Chiese sono quasi incontenibili dal Radu, che mi invita più volte a moderare il ritmo. In prossimità del paese di Preseglie subiamo l'ingresso di coloro che fanno il percorso corto. Noi ci posizioniamo tra i primi concorrenti del corto e per una buona decina di chilometri ci sarà più di qualche difficoltà nei punti di single track a contenere la loro esuberanza e in taluni casi la loro arroganza nel chiedere di superare.
Ad un certo punto il Radu mi comunica che ha difficoltà a mantenere il mio ritmo e mentre si sale verso il paese di Bione, ho l'onore di venire ripreso dal Bazzo, anche lui in lotta per un piazzamento decoroso sul percorso corto. In questo modo attraverso tutto l'abitato di Bione assieme al giovane mantuen, ma in prossimità del ristoro decido di lasciarlo andare col suo passo e colgo l'occasione per fare il pieno di sali.
Dopo qualche minuto, poco prima di arrivare in località Salto, sbaglio ad affrontare una curva a destra in discesa su cemento e cosa ti faccio? Volo nel bosco! Qualche secondo per ripigliarmi e per rendermi conto che la bici è ancora quasi intatta. Mi rendo conto che è sparito il Polar e per fortuna lo trovo quasi subito. Se a fine gara ghe chiedo al Radu de tornar in questo posto sperduto par catar el me Polar, minimo el me brusa... Va ben, risalgo in sella, vedo che la bici è ok, i freni vanno, il cambio pure, le ruote sono gonfie. Ops, c'è solo il comando Poplock della forcella crepato, ma non è un grossissimo problema: da lì in poi farò tutta la gara senza la possibilità di poter bloccare la SID e senza le preziose informazioni del ciclocardiocomputer, riposto amorevolmente nella tasca, perché il supporto sulla bici è deceduto contro le frasche del rovere.
Ah, vi chiedevate: "Si preoccupa tanto della bici? E l'atleta?" Vi rispondo subito: che importa dell'atleta! Ho sbattuto contro il tronco del roaro, ma dolori non ne sento. Mi compariranno solo i lividi durante la settimana... Nonostante il minuto abbondante di smarrimento il Radu non rinviene, ma io mi metto nuovamente a menare, con un minimo di apprensione per la perdita di lucidità accusata durante l'uscita di strada, cosa che viene riconfermata di lì a qualche minuto con una botta clamorosa nei maroni, che mi fa vedere nuovamente le stelle... ma tant'è, le gare sono anche questo!
Solo in prossimità dell'abitato di Agnosine, il Radu rinviene da dietro, ma è ora della salita del Bertone e il colognolese è in evidente crisi: lui mi dà la benedizione e mi lascia andare al mio ritmo. Il tanto temuto Bertone, che in gara pensavo di farlo spingendo a piedi, riesco a farlo tutto in sella. La condizione della gamba, nonostante un leggero dolorino sentito poco sotto Bione, torna ad essere ottima e allo scollinamento del passo su cemento, supero di slancio un bel po' di concorrenti stremati dalla fatica delle pendenze accentuate del Bertone. Da lì in poi, il morale torna molto alto e ci prendo pure gusto sulle ultime discese, dove supero parecchi concorrenti e divertendomi non poco da lì fino all'arrivo.
L'unica desolazione che mi riservano gli ultimi metri prima del traguardo è quella di farmi in solitario tutto il pezzo asfaltato nell'abitato di Odolo, ma taglio il traguardo a braccia alzate, pensando che anche questa volta è andata alla grande. Al ristoro di fine gara, faccio man bassa di tranci di torta, mi bevo un litro di tè e faccio qualche ciacola con qualcuno del Rodella. Intanto arriva anche il Radu, provato dalla gara, ma contento per aver messo in saccoccia anche la terza gara del Prestigio e dei Nobili. Il prossimo autunno mettetevi sull'attenti, perchè indosserà i gradi e le mostrine acquisite, mentre a me non rimarrà che mettermi la magliettina della salute che spero di conquistare col Garda Challenge...
Ah, il mio tempo finale è di 3h22'04", 410° assoluto sul Marathon su 800 arrivati e probabilmente circa 1000 partenti.
Di lì a poco io e Marco facciamo scommesse sul tempo finale del Pezzo e la nostra curiosità viene presto soddisfatta, vedendo anzitutto la sua bici già caricata in macchina e poco dopo il bell'Andrea già lavato e stirato che pronuncia un tempo lievemente inferiore alle tre ore. Questa volta ci ha rifilato più di una ventina di minuti, il che è alquanto preoccupante, considerato che alla Legend ci aveva dato solo dieci minuti, ma è preoccupante per lui, non per noi...
Dopo la doccia, il pastaparty e le premiazioni col Max Maga sul gradino più alto del podio, è la volta dell'ormai consueto party allo stand della Scott, arricchito della sostanziosa animazione del Rodella, a base di salamelle, ottimi vini e prelibate torte. Dopo penso che forse è il caso di prendere la via di casa, dove mi aspetta tutta la famiglia per andare al centro commerciale... forse avrei preferito fare il Bertone un'altra volta!
Ringrazio tutti i Santi e soprattutto la Madonna per la protezione invocata e concessa anche questa volta. Ringrazia anche Remo della Turnover, che lunedì pomeriggio si è visto arrivare la mia Scott con un po' di interventi manutentivi e riparativi: in arrivo sella e catena nuova, consumate per usura eccessiva a forza di menare, ma in arrivo anche il poplock della forcella, così come il supporto nuovo per il Polar, rotti durante il volo pindarico nella sesa e nel roaro.
Non mi sono mai messo a scrivere articoli di impronta politica e sociologica, primo perché non ne ho le competenze e secondo perché le mie conoscenze storiche e politiche sono alquanto limitate, ma non ultimo anche perché non preferisco espormi troppo nel professare le mie idee: lo lascio fare volentieri agli altri. Ma tant'è e questa volta voglio farlo pure io.
Se c'è un principio nella nostra società capitalistica che a mio giudizio va salvaguardato, è quello che la produzione della ricchezza va tassato più o meno proporzionalmente, ma la ricchezza in sé non va assolutamente tassata. Sono in sostanza contro ogni tipo di patrimoniale per principio. Non capisco proprio perché uno debba continuare a pagare tasse semplicemente per il fatto di possedere dei beni, ricco o povero che sia. E faccio subito degli esempi.
Se uno ha fatto sacrifici per tutta la vita, decidendo che forse vale la pena pagare un mutuo sulla casa, anziché versare l'affitto fino alla fine dei suoi giorni, lo ha fatto perché ha deciso che vuole abitare nella "sua" casa e che magari quella che ritiene la "sua" casa, la vuole lasciare alle naturali appendici della propria persona, cioè i propri cari, cioè donne o compagne, figli o amici che siano - gli animali però no per favore. Per guadagnare quei soldi, una persona ha lavorato per una vita intera e quel denaro ottenuto col lavoro ha conseguentemente prodotto un reddito su cui l'imposizione fiscale ha già detto la sua. Nulla più deve essere dovuto.
Lo stesso principio è valido quando la proprietà accumulata è immane. Se uno c'ha la villa a Portofino e lo yacht in Sardegna, meglio per lui con grande invidia di tutti gli altri. Si presume che i soldi con cui si è comprato lo yacht o la villa li abbia avuti attraverso la produzione di reddito che è stato regolarmente tassato. Fine dei discorsi. Se poi si insinua il dubbio che quei soldi li abbia avuti o messi da parte secondo i meccanismi tipici del furbetto del quartierino, allora se ne può parlare, anzi se ne deve anzitutto parlare, ma soprattutto si devono denunciare simili comportamenti, che possono sfociare a tutti gli effetti nel malaffare.
Quindi per quel che mi riguarda: via l'ICI (per tutte le case), via il canone RAI (in quanto tassa di possesso del televisore), via il bollo auto (in quanto tassa di possesso dell'automobile). E se allo stato attuale non c'è la copertura finanziaria per tali introiti, aumentiamo l'imposizione fiscali dei redditi secondo criteri di equità sociale.
Coglieremmo così due piccioni con una fava: in primo luogo snelliamo gli adempimenti fiscali dei cittadini, nel senso che non avrebbero più l'assillo di queste scadenze da onorare e in secondo luogo eliminiamo delle inutili spese pubbliche, quali gli enti e gli apparati che si occupano della riscossione e del controllo dell'ICI, del canone e dei bolli auto. E' molto meglio che la spesa pubblica sia indirizzata per questioni di sanità, ambiente o solidarietà, che per scaldare decine di migliaia di sedie in tutta la nazione. Possibile che non ce ne rendiamo conto?
Se poi mi dite che le auto e in generale tutti gli autoveicoli debbano pagare più o meno proporzionalmente una tassa per il fatto che circolano sulle strade pubbliche e per il fatto che inquinano e quindi introducono dei costi sociali - le mobilità collettiva, l'inquinamento e gli incidenti stradali - anche qui se ne può parlare.
Deve però essere salvo il principio: i soldi me li sono guadagnati col mio sudore ed ho dovuto tutto quello che spetta alla società civile secondo le regole convenute tra tutti; da quel momento in poi nessuno me li tocchi più. Sono miei.
Di Marco Tenuti (del 23/05/2008 @ 10:18:13, in MTB, linkato 1180 volte)
Quando, verso lo scorso dicembre, è comparso il percorso preliminare del Giro d'Italia 2008 ed ho visto che era in programma l'attraversamento della Valpantena, mi sono sfregato le mani, ma non per la motivazione a cui tutti avete pensato.
Ho cominciato a dire a moglie, parenti e amici: "Se passa il Giro d'Italia, ci asfaltano le strade". E manco farlo apposta la mia previsione più o meno lungimirante è stata azzeccata. I corridori del Giro d'Italia passeranno domani mattina ed oggi la Valpantena è un cantiere aperto: devono darsi una mossa, ma son sicuro che domani tutto sarà a puntino.
Ma è possibile che ci voglia il Giro d'Italia per mettere in pratica opere necessarie e manutenzione ordinaria? Possibile che la rotonda di Poiano stia lì per anni e poi, quando arriva il Giro, spuntano operai, camioncini, ruspe e ruspette e asfaltatrici come se fossero funghi?
Altri segni delle tracce dei ciclisti in arrivo si vedono ovunque: dal Famila di Poiano fino al confine comunale a Cuzzano c'è una colonna infinita di cartelli di divieto di sosta per domani dalla mezzanotte alle 13.00. Si vede anche il quadrettino rosa del Giro d'Italia. A partire invece dal comune di Grezzana il manto stradale è ancora quello, in condizioni decenti, ma in compenso i trattori delle cooperative hanno tagliato l'erba e le siepi a lato della strada, che ci viene il dubbio di non essere ancora in Veneto, ma di esser già finiti in Trentino.
E a Stallavena cosa ti ho visto stamattina? Un articolato che ti scarica un'asfaltatrice pronta a strisciare di nero anche a Stallavena!
Inutile lamentarsi più di tanto sulle capacità gestionali delle nostre amministrazioni e burocrazie: sfreghiamo piuttosto le mani che quest'anno passa il Giro d'Italia. E chi lo vedrà più? Viva il Giro d'Italia!
Di Marco Tenuti (del 28/05/2008 @ 17:12:51, in MTB, linkato 1345 volte)
Con un bel po' di ritardo arriva anche il mio commento pacato sulla Divinus Bike, la sesta edizione che si è tenuta domenica 18 maggio a Monteforte d'Alpone nell'est veronese. Dopo la Lessinia Legend, arriva così la seconda gara in cui mi cimento per la seconda volta, col chiaro intento di migliorare la posizione in classifica dello scorso anno.
Diciamo che le aspettative di domenica 18 maggio erano ben altre, dopo che le piogge hanno ben pensato di bagnare per bene tutto il percorso le sere prima, ma hanno anche ben pensato di tenere in ammollo i corridori per tutta la gara.
Ad onor del vero la domenica mattina si presenta con tutti i migliori auspici, col tempo che sembra tenere e il mio parcheggio della macchina a fianco di un Master che conta, come il mio caposquadra, il "Bosca". Peccato che la pinza dei freni anteriore equipaggiata con pastiglie nuovissime non voglia saperne di fermare decentemente la ruota, ma Simone mi rassicura sul fatto che sia una questione di qualche chilometro. Speriamo bene...
Dopo aver salutato tutti gli amici di sempre, subito i Trombini di San Bortolo col loro botto impressionante, mi mettono fuori uso il ciclocardiocomputer, che va completamente in tilt dalla vibrazione e da lì in poi sarà un beep continuo che mi accompagnerà per i primi chilometri di gara.
Dopo aver superato Orlandi, che mi chiede "se ho el fogo al cul", le prime rampe se ne vanno molto rapidamente e la mia condizione è molto soddisfacente. Dopo un po' sorpasso anche la Silvia Rossi, unica donna della mia squadra, ma appena dopo cominciano le prime difficoltà sul fango e coi cambi. Tutti si mettono a spingere a piedi la bici in salita e dopo qualche minuto cominciamo tutti a realizzare che la giornata presenta uno scenario epico: sembra di essere alla guerra.
Il fango blocca non solo i deragliatori, ma ce n'è talmente tanto impastato sulle ruote, che quest'ultime non girano nemmeno nelle forcelle! Tutti continuano con la speranza che l'episodio sia limitato solo a questo tratto iniziale di gara, ma più andiamo avanti e più ci rendiamo conto che così non è.
In più ci si mette anche una delle pastiglie del freno anteriore, che se ne esce dalla sede e mi mette completamente fuori uso il freno anteriore. Non perdo la pastiglia, ma la vedo penzolante fuori dal posto in cui dovrebbe stare. Il ritiro è praticamente certo e lo comunico agli amici che poco a poco mi superano, Radu in primis. Riesco però ad arrivare al primo controllo orario, dove rimedio una brugola di fortuna, con cui mi metto di impegno e ripristino completamente l'impianto frenante anteriore. Con questa grande soddisfazione il morale torna alto e proseguo assieme a tutti gli altri concorrenti. Sono però già parecchio attardato e infatti me ne rendo conto dalla facilità con cui recupero posizioni, salendo il castello di Illasi, ma le sorprese non sono finite.
La salita di Castelcerino mi consente di recuperare altre decine e decine di posizioni, ma in prossimità della cima la quantità di fango della mulattiera è indescrivibile e non c'è verso di andare avanti: gente che non ce la fa a spingere la bici, gente che se la mette in spalla, gente che impreca per aver storto il forcellino, gente che non riesce più a cambiare, altri con la catena rotta, altri ancora con deragliatore entrato tra i raggi della ruota. E' un'ecatombe che io non conoscevo proprio.
Anch'io soffro penosamente tutte queste difficoltà, ma non demordo e mi impongono di provare a finire lo stesso la gara: si va avanti ad oltranza! Inutile dire che anch'io non son più capace di cambiare le marce, complice più che mai il fatto che col cambio rotante SRAM non c'è verso di spostare il deragliatore anteriore, più che mai intriso di terra e chissà che altro. La cosa che mi fa penare più di tutte è il fatto che la catena mi si fa sù attorno alla corona media, senza possibilità di pedalare. Le salite sono insomma tutte un calvario, dove non mi rimane che salire a piedi. Qua e là qualche fotografo ci scatta foto, ma non so quante siano le foto in cui mi si vedrà in sella alla bici! In più il cielo verso fine gara decide che è il caso di regalare a tutti i concorrenti rimasti, tanto per rendere indelebile il ricordo di una giornata che memorabile lo era già fino a quel punto.
Negli ultimi chilometri avrei avuto anche una gamba mostruosa, al contrario dell'anno scorso, dove cominciavano a farsi sentire leggermente i principi di crampi e così non mi rimane che superare qualche concorrente della mia stessa griglia. Al ristoro di fine gara, mi rifocillo come un profugo in preda al terrore di una gara per me quantomeno epica e arrivo perfino a chiedere che ora sia, ma sembra che non sia l'unico ad aver penso la percezione della realtà.
Una bella scena è sicuramente la zona lavaggio bici, dove avrò tolto alla bici almeno un paio di chili di terra e qualche etto sicuramente anche da braccia e gambe, visto che, senza ritegno, ho pensato di usare la canna dell'acqua anche su me stesso. Lascio pertanto la zona di lavaggio coi brividi addosso, visto che ho fatto tutta la gara con la divisa estiva, ma i gradi verso fine gara saranno si e no 16-17°C e le forze se ne sono andate tutte.
A conclusione di questo ricordo, mi permetto di spiegare quale sia il motivo che mi ha spinto a portare a termine questa sorta di impresa: fare esperienza, fare esperienza e fare esperienza. Fino ad ora nelle gare di mountain bike, marathon o cross country chi siano, non avevo mai trovato siffatte condizioni, ma ammetto che bisogna trovarsi dentro per sperimentarle sulla propria pelle. La prossima volta che mi ricapiterà una cosa del genere cercherò di fare tesoro della sesta edizione della Divinus Bike e cercherò di evitare banali errori, come quello di insistere in sella alla bici, quando il fango non consente di andare avanti, e quello di spingere la bici, quando ha molto più senso mettersela in spalle.
Ah, la classifica: 609° su 830 arrivati nel percorso lungo col tempo di 3h26'12" all'ignobile media dei 12,22 km/h. Non che il vincitore se la sia passata molto meglio, comunque il traguardo lo hanno visto solo in metà, quindi il mio risultato è sicuramente quello di essere arrivato in fondo, senza aver rotto niente!
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