Nei miei ultimi giretti in solitario ai centri commerciali e ai supermercati, e proprio nell'ultimo di ieri sera alla cassa mi sono imbattuto per l'ennesima volta nella lamentela dei clienti che mi precedevano. A parte la mia intrinseca xenofobia padanoveneta che cerco sempre di reprimere in qualche modo - erano di una nazionalità un po' distante dalla nostra - si lamentavano di queste pessime abitudini ed obblighi "italiani", cioè del fatto che i sacchetti di plastica non sono più di plastica, ma sono di mais e non vanno bene praticamente a nulla, se non per l'umido di casa e cercavano di capire se era ancora possibile avere i sacchetti di plastica, a cui evidentemente erano tanto affezionati, per le capacità di resistenza ed indistruttibilità nel metterci dentro la spesa.
In realtà il problema non era la loro capacità di resistenza, ma piuttosto quella che la gente li lascia in giro o li smaltisce non correttamente, perché li usava e li usa - si perché in giro ce ne sono ancora tanti e troppi che girano e che vengono rifilati ad altri negozi che non sono quelli commerciali. Purtroppo la gente li usa per metterci dentro il secco e pertanto non vengono ancora riciclati, ma finiscono probabilmente nell'inceneritore a produrre anidride carbonica o "livelli di diossina controllati".
E' tanto difficile presentarsi con la solita bustona rigida in iuta o equivalente, come fanno in tanti ormai da mesi, se non da anni?
Il problema dell'eliminare i sacchetti di plastica è però un problema a cui i nostri legislatori e tecnici hanno tamponato con una soluzione squisitamente all'italiana: cioè benda sugli occhi e via.
Alle casse ci siamo messi a distribuire i famigerati sacchetti di amido di mais, che si bucano solo a guardarli. Questo obbligo pare lo abbiano solo i supermercati e gli ipermercati, ossia i negozi che vendono generi alimentari. Tutti gli altri negozi, farmacie, negozi di elettrodomestici, elettronica, abbigliamento, mercerie pare non abbiano alcun obbligo, perché continuano a dispensare sacchetti di plastica "vecchio stile". Ora io non so se questi ultimi negozi siano esenti da tale obbligo o se stiano ancora smaltendo i sacchetti di plastica che hanno in casa, ma non mi pare una gran cosa.
Non solo: se questo obbligo i grandi negozi di alimentari ce lo hanno solo per i sacchetti che vengono distribuiti e venduti alle casse, pare che lo stesso obbligo non ci sia per tutti i sacchetti che possono essere presi all'interno del negozio, cioè principalmente quelli in cui collocare frutta e verdura. Quelli sono misteriosamente fuori dalla "competenza di cassa"... Ed il paradosso è che essi sono destinati a contenere quanto più riciclabile e biodegradabile ci sia tra i generi alimentari, cioè proprio la frutta e verdura!
Ci vedo bene solo la lobby dei produttori di questi sacchetti - che a mio modo di vedere sono gli stessi che producono ed hanno sempre prodotto gli altri di plastica - che hanno ben pensato di differenziare la loro offerta, rifilando sacchetti di amido di mais ad un prezzo esorbitante alle casse, tanto ora non ce la si può più cavare con uno o due sacchetti, ma probabilmente ne servono almeno quattro o cinque per farci stare dentro la stessa spesa.
Se fosse per me, io bandirei qualsiasi sacchetto alle casse: ve lo portate da casa e basta. Vi siete dimenticati quello di iuta a casa? Bene, ve ne vendiamo un altro a 5 Euro, così meditate bene prima di partire da casa.
Infine la chicca finale: chi mi dice cosa sta aspettando la Barilla e tutti gli altri produttori di biscotti e similari ad utilizzare imballaggi riciclabili? Guardate la foto: penso che la stessa domanda ve la poniate subito anche voi...