Sarà che l'ago della bilancia un paio di giorni fa mi ha tirato un brutto scherzo o sarà che dopo una settimana abbondante di uscite relativamente corte come chilometraggio non mi ha proprio rimesso in carreggiata, ma oggi ho deciso che era il primo giorno in cui cominciare a fare sul serio con la bici.
Pertanto ho deciso di aggregarmi al gruppo di giornata - i Pezzo Brothers e l'Orlandi - con appuntamento ore 9.30 alle Casette di Marcellise per un'uscita del tipo "Sporchemose manco che se pol".
Per la cronaca vi rimando da subito all'articolo del Pappataso e a quello dell'Anonimo, che non hanno tardato a comparire sui rispettivi blog.
Mio obiettivo di giornata era quello di mulinare il più possibile, cercando però di non spingere mai duro e devo dire che in questo ci sono assolutamente riuscito. Su alcune salite son rimasto spesso da solo, su altre invece era l'Orlando a scortarmi fino alla cima, ma più che i chili di troppo quel che stenta ad arrivare è la voglia di far fatica e di soffrire, ma son sicuro che presto arriverà anche questo.
Sicuramente la cosa che ho penato più di tutte è stato il freddo, non il freddo in generale, ma il freddo ai piedi. I pedali della MTB non aiutano certo la circolazione sanguigna per uno come il sottoscritto che soffre praticamente sempre il freddo ai piedi da settembre ad aprile.
Già lungo la salita dei cancelli, verso Maternigo, i miei piedi erano congelati e non c'era verso di muovere le dita. La successiva discesa per la via Cara non migliorava affatto la temperatura periferica.
Come se non bastasse già ormai alle 4 Strade mi compariva il fantasma della Fame, cioè quella bellissima sensazione di quando le energie nel sangue sono completamente finite ed il corpo va in recovery, cioè cerca di mettere in moto il processo metabolizzante dei grassi, cosa che era da un bel po' che non provava a fare.
Era da mesi e mesi che non sentivo questa senzazione. La carne del churrasco brasiliano, il cordero patagonico ed il Bife de chorizo avevano completamente rimosso questo meccanismo del corpo umano. La cosa divertente è mancavano ancora parecchi chilometri per arrivare a casa!
Nel pezzo da Casette fino alla Mattarana ho cercato di sfruttare la scia dell'Anonimo Turnover, solo che lui preferiva di gran lunga una ciacola. Quando mi affiancavo a lui, gli avrò chiesto di ripetere almeno 4-5 volte le cose che andava dicendo, solo che io avevo l'apparato uditivo già in standby.
Da Mattarana fino a Ponte Florio abbassavo leggermente la velocità e un certo equilibrio lo avevo trovato e mi avrebbe consentito di arrivare a casa. Solo che alle Campagnole di Novaglie mi supera nientepopò di meno che uno in divisa Lampre con bici Wilier da strada il quale mi saluta pure. Noto un riccio biondo uscire da dietro il casco, alché ho pensato di avere le visioni mistiche del ciclismo o che si trattasse del Damianetto dal Cerro.
Un'iniezione di adrenalina mi rivitalizza, accelera di brutto il metabolismo dei grassi e tengo Damiano sempre a vista a 50 metri per quasi tutta la Strada della Giara. All'altezza di via Segorte, però lascio Damiano all'esecuzione della sua ripetuta - probabilmente su una versione allargata del circuito notturno di Novaglie, visto che io l'ho beccato che veniva giù proprio dal discesone di Novaglie - ed io svolto a destra per la strada interna. Gli ultimi 3 km sono, non dico proprio una via crucis, ma quasi.
Solo un massaggio ai piedi per almeno 10 minuti ripristina prima la circolazione sanguigna e poi finalmente si sentono i "diaoletti", poi un eccellente risottino alle verdure e prosciutto Praga della Cicci fanno spegnere le spie della riserva ed infine un bel bagno caldo mi rimettono quasi in perfetta forma.
Diciamo che questi 70 km abbondanti e quasi mille metri di dislivello ci volevano proprio per ritornare a pensare di essere un ciclista amatore. La bilancia, inoltre, mi ha fatto tornare il volto sereno, segnando una cifra di poco inferiore a 70 kg. Il Conte Savoia mi contesterà che non ci si pesa a fine giro bici, ma anche l'altro giorno mi ero pesato in simili condizioni, quindi, caro Conte, lasciaci gioire così. Ce la posso fare.