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Avesani lunga messa in saccoccia
Di Marco Tenuti (del 19/09/2012 @ 08:40:58, in MTB, linkato 1658 volte)

Era un'idea di mezza estate che mi era venuta in mente giusto il giorno dopo l'Alta Valtellina, cioè dopo aver portato a termine il Prestigio MTB 2012. Mi ero detto: "Perché non provare a portare a casa The Masters of Lessinia, cioè il garone su strada tanto apprezzato e temuto dai ciclisti veronesi"?

Così è nato lo stimolo ancora più di un mese fa: fare una gara su strada, l'Avesani, dopo tante gare in mountain bike in giro per l'Italia.

La Avesani non è certo una novità sia per me, ma anche per tanti miei lettori ed amici. L'avevo già corsa ancora nel 2009 in compagnia del Radu e del Pasetto in versione verde, cioè quella da 150 chilometri ed era stata già una bella esperienza in gruppo.

Solo che l'Avesani non è "quella", nè tantomeno il percorso giallo con la sola salita della Peri-Fosse. La vera Avesani, a mio modo di vedere, è quella che comprende tutto l'arco montano della provincia di Verona, dal Monte Baldo fino a San Giorgio, è quella rossa, quella da 180 chilometri. E mi ritornano ancora in mente le gesta del Papataso nel 2008, quando la portò a casa e noi, io, il Radu ed il Giando, eravamo là a tifare e a sostenerlo.

Così l'iscrizione 2012 è scattata col sovrapprezzo dell'ultim'ora, ma praticamente certi delle condizioni meteo favorevoli, cioè giusto venerdì, due giorni prima della gara, perché si sa che storicamente l'Avesani è spesso flagellata dal brutto tempo ed andare sul Baldo con la neve non lo auguro a nessuno, nè tantomeno a me stesso.

Poi succede che al via siamo schierati sul percorso rosso (180 km) in ben cinque atleti con la divisa del QUINDICESIMO Turnover ed uno solo se ne va al bivio di Zuane, com'è logico che sia, mentre in quattro rimaniamo compatti ben oltre Ferrara di Monte Baldo.

Il primo a "saltare" è Mauro Roncari che paga un po' dazio per un ritmo leggermente alto per il suo modesto allenamento nell'ultimo mese, così decide di salire col suo proprio passo e sapremo di lui solo dopo l'arrivo.

Da Novezza in poi siamo in tre a darci man forte, cioè oltre allo scrivente, un sorprendente Alessandro Lenti - che sulla carta davamo decisamente più "lento" - ed un intrepido Franceschino Signorini, più che mai insano a buttarsi a capofitto in un'impresa del genere, dopo quasi un mese senza "guardare" la bici da strada. Ah, tutto questo sotto l'ala protettrice del nostro sherpa della Lessinia, al secolo Paolo Orlandi, che non si tira indietro di un metro quando c'è da pedalare in compagnia, magari mettendosi al servizio ed a fianco di chi ha un pettorale sulla schiena ed un numero sul manubrio, neanche fosse una motostaffetta.

Così tra una ciacola e l'altra ci ritroviamo in cima al GPM del Monte Baldo senza accorgercene e dopo il rilevamento cronometrico, si fa il pieno al ristoro in quota, pronti per tuffarsi nell'Adige dopo Pra' Alpesina.

Paolo si mette davanti a fare traiettorie, dietro lo seguiamo per quanto possibile, solo che sul più bello, Alessandro fora. Ci fermiamo, chiediamo allo sfortunato il da farsi e la risposta è dimessa: "E' meglio che voi andiate". Presto detto e giù di nuovo a pennellare traiettorie fino giù ad Avio, sperando che non vengano su macchine...

In fondo alla lunghissima discesa da bravo "capitano" di sventura riprendo il comando delle operazioni: metto davanti l'Orlando e dietro ci accodiamo io e Franceschino, oltre a qualche altro ciucciaruote, compreso il drago americano Clifford Clermont in sella ad una Trek 29er, il tempo di alimentarsi un po', poi chiamo una dignitosa velocità di crociera e prenoto la prossima fermata a Brentino Belluno, giusto sotto la Peri-Fosse.

Qui il Franceschino mi scatta come un felino al tappeto di Peri, mentre io piglio una crostatina al ristoro e regolo un ritmo congruo per scalare l'integerrima salita in un 48' netti. Solo che Franceschino entra in crisi mistica già prima del primo tornante ed a poco serve lo sprono del fratello e della morosa. Quando poi rientra con grandissima sorpresa anche Alessandro, Franceschino accusa ancora più la debacle e da lì in poi per lui è notte fonda.

Lungo la salita succede un po' di tutto: chiacchere del più e del meno col Pasetto, col Flavio Brunelli, l'Orlando che continua a fare spola tra me ed Alessandro e nelle retrovie Franceschino, il superamento la moto del brother Signorini e la Federica, la sverniciata del Radu che si presenta al quarto tornante come un missile sparato per salire in 35' e poi una tirata di remi in barca in prossimità del 10° tornante, chiudendo in un poco onorevole 52'50", nonostante le buone intenzioni iniziali, naufragate per la necessità di passare al piano "Save the Guy".

Al ristoro di Fosse la Federica annuncia che Franceschino è indietro si e no di 2-3 minuti, per cui non ci rimane che ricaricare le borracce, andare di croissant e crostatine, rimettere lo smanicato, pronti a trainare il nostro giovine intrepido verso Passo Provalo ed il resto della Lessinia.

Niente da fare, Franceschino non arriva più: prendiamo una decisione in cinque e, sconfortati, pugnaliamo "a distanza" Franceschino, come si fa con un cavallo zoppo stramazzato a terra. Io ed Alessandro molliamo i freni e ci pieghiamo bassi quanto più possibile, convinti che si può arrivare in cima a Ronconi e Passo Provalo sfruttando la velocità accumulata alle Barozze.

Da Passo Provalo in poi cominciamo a menare come fabbri, più che mai convinti che le parole del Bosca siano oro colato - "L'Avesani rossa comincia solo alle Fosse" - e ci mettiamo a recuperare tutte quelle posizioni perse nella nostra lunga sosta al ristoro all'Ombra delle Fosse. La salita verso Erbezzo è praticamente spianata: io ed Alessandro treniamo e ci scambiamo a ritmi più o meno regolari, mentre chi è superato non rinviene alla nostra ruota.

E' la volta di scendere nel Vaio dei Folignani e poi su di nuovo verso le Scandole. Sul più bello che le gambe ci ricordano di non fare troppo i ganassa per le posizioni già recuperate, eccoti un'altra spiacevole sorpresa: Alessandro fora l'anteriore, dopo aver forato la posteriore nella discesa di due ore prima. Non rimane che fermarsi e riparare e tutto il nostro buon lavoro di risalire una buona decina di posizioni se ne va a quel paese in un attimo.

Dopo qualche attimo di titubanza sul gonfiaggio e sulla pressione insufficiente, riprendiamo la nostra corsa verso Boscochiesanuova e subito svolta in direzione Maregge e Passo Branchetto. Qui ho un personale momento di scoramento, così invito Lenti a fermarsi, così ne approfitto per far una pissada e un bel ciucciotto Kyboom al gusto miele, una delle ultime cartucce che tenevo in tasca per le battute finali.

Solo che da lontano sentiamo un pazzo sbraitare ad alta voce: è Franceschino resuscitato il terzo giorno dai morti. Torna in gara con una determinazione talmente forte che a momenti non riusciamo a crederci, tanto che ci pentiamo subito delle pugnalate infertegli ancora a Fosse e, dopo la concitazione iniziale, decidiamo che da lì in poi non rimane altro che conquistare Verona compatti e serrati. I ristori di Grietz e Passo Branchetto sono pertanto una manna dal cielo per riempire nuovamente i nostri serbatoi e riprendiamo il nostro avvicinamento a Verona apprezzando sempre più i cartelli del chilometraggio via via decrescente.

Dopo aver sofferto qualcosina sulle ultime pendenze verso quota 1600 metri, sono sempre io a mettermi davanti e comincio a pennellare il pennellabile da San Giorgio al Parparo, da Velo Veronese a Roverè Veronese. Poi invito i miei soci a tornare a far girare le gambe per la temutissima "inciodada de gambe" dal Ponte della Pissarota fin su a Cerro Veronese. Niente di tutto questo per fortuna, si prende al volo un bicchiere di sali a Cerro e anche una bananetta dovrebbe essere sufficiente fino all'arrivo.

A partire da Cerro Veronese, già da più di un paio di ore orfano dello sherpa Orlando, che roteava nei gorghi del dio Bacco e le gozzoviglie della Lara in quel di Crosa di Schioppo, insisto nel riprendere il comando delle operazioni e a fare velocità su tutti i possibili rettifili e pianori fino a Verona - cercando di contenere il tempo finale per quanto possibile - col buon Alessandro che contribuiva spesso e volentieri alla causa, sempre più stimolato dai cartelli con scritto "20", "10", "5", mentre al seguito un provato Franceschino già gongolava alla sola idea di raccontare l'impresa a chi non avrebbe scommesso un centesimo su di sè.

Finiamo così la nostra esperienza della Gran Fondo Avesani 2012, percorso rosso, col tempo di 7h24'52", nonostante le disavventure occorse dalle 8 del mattino. Un giro del genere ti ubriaca di gioia e di adrenalina che avremmo potuto stare in sella ancora un altro paio di ore, ma quando guardo alle nostre montagne scalate e spianate, posso e possiamo, anzi dobbiamo ritenerci più che mai appagati e sazi.

Lenti, Signorini e Tenuti all'arrivo dell'Avesani 2012