Finalmente dopo quasi un mese, trovo un momento per completare il racconto del mio dopogara della Granfondo Alta Valtellina, cioè all'indomani del marathon con cui ho "terminato" la mia stagione MTB 2012.
Appena conclusa la gara di Bormio, una preoccupazione ha prevalso su di me rispetto al pieno di adrenalina prodotta da quattro ore abbondanti di gara: quella di riuscire a tornare a casa, con l'automobile che non voleva sapere di ripartire. Mi sono ritrovato "costretto" a passare una notte in più con tutta la famiglia a Bormio, a causa della macchina guasta - tra l'altro stazionata in un parcheggio a pagamento nel centro storico, visto che non c'era un meccanico che avesse a disposizione il pezzo di ricambio alla domenica pomeriggio.
Lunedì mattina non è mai il massimo tra i giorni della settimana: spesso dopo una gara si ripensa ai momenti di difficoltà, alle chiacchere con gli altri concorrenti, agli avvincenti sorpassi effettuati e a quelli subiti deludentemetne, ma anche ai ritmi indiavolati che si sono tenuti per qualche ora, invece a questo giro il patema di dover rimanere al fresco di Bormio.
Di buona lena ho affrontato con ottimismo una cosa alla volta e nel giro di un paio di ore tutto si è sistemato per il meglio. Macchina di nuovo funzionante, colazione luculliana all'Hotel San Lorenzo e tutto un programma da definire per la giornata di lunedì.
Così io ed Elisa non ci abbiamo pensato due volte e siamo andati su ai Laghi di Cancano da Torripiano, nel comune di Valdidentro. Quel posto è così pieno di ricordi e di una natura struggente che ci pareva di essere in un altro mondo ieri mattina.
Poi è successo che continuavano a passare ciclisti italiani e stranieri con le loro belle MTB, mentre la mia era nel baule che riposava dopo la battaglia di ieri, solo che non ho resistito. Nemmeno Elisa ha opposto resistenza, vista l'occasione irripetibile.
Con la macchina parcheggiata sull'erbetta tagliata a fianco del Lago di San Giacomo, ho svuotato il baule della 307 ed ho tirato fuori la Scalona. Enrico mi ha aiutato nelle operazioni di rimontaggio ruote e lubrificazione catena. Il cielo era lievemente coperto, ma ho detto a tutti: "Oggi si sfoggia la divisa Turnover del quindicesimo"!
L'obiettivo di giornata è presto concordato: io vado a Trepalle in mountainbike per sterrati, voi "famiglia" ci arrivate in macchina.
Da subito cerco di capire se l'obiettivo è raggiungibile o se invece mi sto andando ad imbattere in qualcosa di impossibile: quando si è in montagna a quota oltre i duemila metri, non c'è molto da fare i furbi con la montagna e col meteo. Pertanto percorro un chilometro alla ricerca di qualche ciclista che percorresse in senso opposto il mio tragitto e praticamente subito mi imbatto in 5-6 stranieri di lingua tedesca che mi dicono che loro hanno impiegato un'ora e mezza ad arrivare da Trepalle. Torno indietro da Elisa e le dico: "Se loro ci hanno messo novanta minuti, io ce ne metto cinquanta. Ci vediamo da Sandro!
Così lascio alle mie spalle il bacino del San Giacomo e comincio la mia risalita e mi faccio subito amico Dirk, proveniente da Scuol, che sta arrivando da Santa Maria in Müstair e sta puntando direttamente a Livigno dopo aver fatto un giro megagalattico.
Tralascio i particolari della conversazione con Dirk, visto che si parla di gomme, di forcelle, di pesi delle bici e di fatica ad ascendere. Lui arranca veramente, mentre io sto letteralmente levitando quando arrivo nella Val Trela.
Sono contento come un bambino quando arrivo al Rifugio Trela, con le sinapsi moribonde da almeno quindici anni che si vanno riaccendendo. L'ultima volta c'ero passato con Don Giuliano ed il Grest di
Alcenago. Le pendenze e le salite cominciano a tornarmi in mente, nonostante all'epoca non fossi così attento alla montagna e alla fatica.
Saluto Dirk che rimane al Rifugio per una pausa ristoratrice, il quale mi dice che vuole vedermi se ce la faccio a salire il pratone con pendenza al 30%. Non mi rimane che augurargli buona fortuna, perché non saprei come fare a rendere bene in inglese l'espressione "Tu hai a che fare con un Ganassa", ma il pratone me lo bevo come un sorso della borraccia grazie al 26/36 in canna e la legeresse della Scalona in configurazione gara.
L'ascesa al Passo Trela avviene scavalcando una recinzione dell'alpeggio, una piccola mandria di mucche e poi un bellissimo single track in leggera ascesa dove il giro di pedali è qualcosa di gioioso! Infine quasi in cima al passo il superamento di un gruppo di svizzeri con bici full suspended ed enduro, intenti a sistemare un problema ad una delle loro bici.
Al passo scatto qualche foto. Da lì in poi l'orgasmo del biker in offroad: un single track battuto e pedalabile che mi fa abbassare di circa 300 metri di altitudine, tra i 2300 metri e i 2000 di altitudine in direzione Trepalle. Nella parte finale inoltre lo scavalcamento di alcune dune, dove bisogna dare qualche colpo di pedale, tanto di non rimanere impiantati prima della sommità di ognuna di esse. Ed una temperatura gradevolissima, cioè un bel soletto che tiene l'aria stabilmente a 22-23°C.
L'arrivo a Tre Palle avviene per la stradina che porta al distributore dell'Eni. Arrivo dal negozio da Sandro, che sono in anticipo di un quarto d'ora rispetto ad Elisa ed i bimbi, che invece hanno fatto il giro da Pedenosso e lo scollinamento del Passo Foscagno.
Uno dei più bei giri in mountain bike che abbia mai fatto! Ripercorrere alcuni momenti della propria giovinezza pedalando in offroad su pezzi tecnici e divertentissimi, ma mai impegnativi, merita davvero di essere messo in taccuino anche per un altro anno! La Valtellina merita davvero.